Ambrogio Beccaria: il velista italiano verso il Vandée Globe 2028

Ambrogio Beccaria, erede di Soldini, si prepara per il Vandée Globe 2028 con il team Allagrande Mapei Racing.

di Redazione Sport
7 maggio 2025
Ambrogio Beccaria sta lavorando per poter affrontare il giro del mondo in solitario nel 2028 con il team Allagrande Mapei Racing

Ambrogio Beccaria sta lavorando per poter affrontare il giro del mondo in solitario nel 2028 con il team Allagrande Mapei Racing

di Lorenzo Longhi

"A casa mia nessuno conosceva la differenza tra un boma e un bompresso, per dire, e Milano non è proprio una città di mare; in questo senso, c’erano poche possibilità che diventassi un navigatore", dice. Ebbene: Ambrogio Beccaria è oggi uno dei più talentuosi velisti italiani, sulla scia di Giovanni Soldini e, dopo avere vinto la Transat Cic nell’Atlantico del Nord, un anno fa, sta cominciando l’avventura che lo porterà, nel 2028 con il team Allagrande Mapei Racing su un’imbarcazione da 60 piedi dotata di foil, le ali insomma, a partecipare al Vandée Globe, il giro del mondo in solitario.

Beccaria, la descrivono come l’erede di Soldini. Cosa rappresenta per lei?

"Un punto di riferimento, per tante ragioni, e per quello che mi ha trasmesso. L’ho conosciuto quando facevo l’università: lui abitava a Sarzana, era un mito. Allora comprai una barca naufragata, perché non potevo permettermi altro, per la regata Mini Transat. Non so come, ma lo venne a sapere. Dal nulla, mi scrisse: “Se ti va, ci facciamo due chiacchiere”. La sua passione è travolgente".

Torniamo all’inizio: come nasce il Beccaria navigatore?

"Avevo la fortuna di passare le vacanze in luoghi di mare, partecipare a scuole di vela estive, a volte stare anche un giorno su qualche barca a motore. Da piccolo le adoravo. Poi, però, cresci e ti insegnano che devi avere una carriera".

Quella dell’ingegnere.

"Mi iscrissi a Ingegneria navale a La Spezia. L’idea era: mi avvicino al mare, navigo il più possibile, mi creo una carriera legata a questo mondo. Un compromesso".

È andato oltre.

"A quei tempi non era un obiettivo. Ma, coltivando la passione senza farla diventare una gabbia, tutto ha trovato la sua strada. L’università l’ho completata, ma non ho mai fatto l’esame di Stato".

Cosa le è rimasto di quel periodo?

"Cercare di capire ciò che mi sta attorno. Una forma mentis che mi arriva dal metodo scientifico."

Lei in mare, in balia degli elementi. La famiglia in ansia?

"Credo che vedere un figlio con una passione forte che gli dà energia, che lo fa svegliare la mattina con la voglia di sbranare la giornata, li renda felici. Poi questo percorso porta con sé qualche timore, ma un ragazzo senza voglia e obiettivi, dal punto di vista di un genitore, forse è un’angoscia peggiore".

Si dice che chi naviga cerchi qualcosa o fugga. Lei sembra farlo per il gusto.

"Dici barca a vela e pensi a una vacanza tranquilla, alle barchette nella vasca da bagno di un bambino, all’evasione. Invece il sistema barca a vela è molto più complesso di un aereo: galleggia tra due fluidi, acqua e aria, ci sono le onde che interagiscono, l’equilibrio che bisogna trovare per farla andare sempre più veloce è complicatissimo. C’è tutto ciò che mi piace".

In mare, la notte, il buio è assoluto. Che effetto fa, da soli?

"Il buio in mare fa paura, per questo noi marinai diciamo che, nelle tempeste più brutte, è meglio la notte, perché non vedi; ma in realtà ti abitui al buio e vedi tante cose che a terra non riusciresti a vedere. Invece l’alba spesso è il vero momento che spaventa, quando ti rendi conto della grandezza delle onde e dei rischi".

Sensi aumentati.

"Sensazioni, equilibrio, sentire il vento che sta per cambiare, la temperatura, percepire l’umidità dell’aria in un modo diverso: ti rendi conto che ti stai avvicinando al mondo degli animali che vivono in mare. Loro sanno che tempo ci sarà domani".

E il silenzio?

"È fondamentale per un marinaio solitario: la barca fa la sua vita, ma ti parla in continuazione, ogni onda fa un rumore diverso. La ascolti e piano piano inizi a conoscere la sua lingua: quando fa un verso differente, ti dice qualcosa di strano".

Sonno polifasico, cibo liofilizzato, contatti esterni azzerati o limitati. Di cosa non ci rendiamo conto noi, a terra?

"Del traffico: i cargo, la fauna marina; non siamo soli. Il mio primo maestro, in Bretagna, mi diceva di fare come in autostrada: guarda a destra, poi a sinistra".

Se lo immagina già il giro del mondo del 2028?

"Siamo partiti presto, il tempo conta: lunedì abbiamo messo per la prima volta la barca in mare. Ovviamente ci penso e me lo immagino, ma devo ancora scoprire tante cose".

Cosa, soprattutto?

"In questa categoria, devo imparare a volare".

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