Con Tita e Banti l’oro è una certezza. Un altro mare, il solito dominio. Tre anni dopo è di nuovo magia

Si ripete il successo di Tokyo nella categoria Nacra 17, sono i primi campioni azzurri a riconfermarsi. La gioia degli atleti-dottori: "E’ stato difficile mettere i piedi per terra dopo aver vinto i Giochi" .

di DORIANO RABOTTI -
9 agosto 2024
Un altro mare, il solito dominio. Tre anni dopo è di nuovo magia

Caterina Banti, 37 anni, e Ruggero Tita (32): quasi una formalità ieri l’ultima regata

VELA

dall’inviato

Di l’oro ci si può fidare. Non è un refuso, loro (senza apostrofo) sono Ruggero Tita e Caterina Banti, l’oro è quello che si sono rimessi al collo tre anni dopo Tokyo. Tanto per capirci: a Parigi abbiamo portato 8 campioni olimpici sui 10 del 2021 (il karate di Busà non c’è, la Rodini non si è qualificata), e finora gli unici capaci di fare il bis sono stati loro, nella categoria Nacra 17, un catamarano a due derive con ponte centrale creato apposta per i Giochi da Rio 2016.

Ieri a Marsiglia, dopo uno stillicidio di rinvii che poteva anche agitare le acque della tranquillità personale perché i due italiani hanno dominato le qualificazioni, è andata in scena la medal race, la regata che ha assegnato le medaglie.

Ruggero e Carolina avrebbero anche potuto affrontarla con le mani legate dietro la schiena e in infradito, tanto era il vantaggio, avendo vinto sei regate su dodici: potevano arrivare settimi, hanno chiuso secondi. E ci hanno messo anche un attimo a sciogliere al vento la vela dell’euforia, dopo, tanto erano concentrati sul loro obiettivo. Perché sono due abituati a raggiungerli, i traguardi: sarebbe facile dire che hanno aggiunto l’oro all’alloro, perché entrambi sono due teste molto pensanti, non solo quando salgono su un’imbarcazione.

Ruggero Tita, 32 anni, trentino di Rovereto in forza alle Fiamme Gialle, ha una laurea in ingegneria informatica e non potrà neanche godersi la festa più di tanto perché deve subito trasferirsi su Luna Rossa, per l’America’s Cup.

Caterina Banti di anni ne ha 37, alla vela agonistica è arrivata tardi perché prima si è laureata in Studi Orientali con 110 e lode e ha fatto sport diversi.

Dieci e lode invece è il voto alla decima medaglia italiana a Parigi, come le due volte a Tokyo, come ad Atene. A Marsiglia argento per l‘Argentina di Mateo Majdalani e Eugenia Bosco, bronzo ai neozelandesi Micah Wilkinson e Erica Dawson.

Titabanti ormai sono diventati quasi una parola sola, come Robibaggio. Il loro segreto è che sono una cosa sola anche in barca.

"Sicuramente l’ultima regata è stata difficilissima, con vento estremamente leggero che quindi complica molto le cose. Ma siamo riusciti a gestirla in maniera molto tranquilla senza rischiare nulla – ha detto Tita alla fine –, dovevamo portare a casa una regata in maniera tattica restando vicini agli argentini. Abbiamo fatto una regata in controllo per assicurarci la medaglia".

Lei invece sottolinea un dettaglio al quale non si pensa spesso: "Questa vittoria è il riassunto di questi nostri otto anni insieme, in particolare degli ultimi tre. Dopo Tokyo dovevamo decidere se rimetterci in barca, non è stato facile rimettere i piedi per terra dopo aver vinto un’Olimpiade".

Rimetterli in barca invece è sembrato facilissimo.

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