"Disciplina e costanza liberano virtù e talento"
Franco Bertoli spiega come essere vincenti, decisivo eliminare i pensieri negativi. Raccontando la sua storia l’ex pallavolista forma i manager con il coaching .

Franco Bertoli spiega come essere vincenti, decisivo eliminare i pensieri negativi. Raccontando la sua storia l’ex pallavolista forma i manager con il coaching .
Nati per vincere. Nel suo ultimo libro ’L’energia che sei’ Franco Bertoli (nella foto) spiega come sia possibile liberarsi dai pensieri negativi per mettere la mente in condizione di esprimere il meglio di sé attraverso il coaching. L’ex schiacciatore friulano di nascita e modenese di adozione ha abbinato la sua esperienza sportiva, come giocatore prima e come dirigente e allenatore poi, ad una formazione ermeneutica per insegnare alle persone ad essere concentrate sul proprio obiettivo rimanendo aderenti alla realtà. C’è una domanda che sottende a tutte le altre e che diventa spontanea quando a parlare è uno che era soprannominato ’mano di pietra’: è davvero possibile allenare la durezza mentale?
"Mi sia consentito un esempio storico - risponde Bertoli - io ho fatto parte di quei pallavolisti che hanno accompagnato nei loro primi passi quella che viene chiamata la ’generazione di fenomeni’. Siamo stati dei pionieri e molti noi intrecciavano gli studi universitari con gli allenamenti. Non avevamo solo talento e tenacia, ma c’era anche tanta passione. Questo è, forse, l’aspetto che solo apparentemente è più scontato perché a volte è il più nascosto pur essendo fondamentale. Ad esempio non si può dire che oggi i giovani non abbiamo passione per la pratica sportiva, semplicemente in un mondo che è immerso dalla tecnologia la esprimono in modo diverso e siamo noi adulti a non vederla".
Che cosa intende per passione?
"E’ quella spinta che non solo ti consente di fare le cose per piacere, ma ti dà anche la determinazione per trasformare gli aspetti negativi in positivi. E’ la molla che spesso sta alla base della creatività".
Guardando le cose da questa prospettiva, perchè l’Italvolley maschile non riesce a conquistare l’oro olimpico?
"La premessa è che per arrivare a questo obiettivo bisogna entrare nelle prime quattro. Io ho fatto parte della squadra che vinse la prima medaglia azzurra, il bronzo a Los Angeles nel 1984, e da allora non siamo stati più una sorpresa. Anzi, se non si arriva in semifinale è un problema e adesso anche se non si raggiunge il podio si parla di obiettivo mancato. Quello che forse manca è la cura dell’aspetto emotivo. L’ambiente attorno alla squadra dovrebbe capire che vincere una gara a quei livelli non è mai scontato e all’interno ci dovrebbe essere l’idea che l’aspettativa è normale quando si ha tanto talento abbinato a quella storia".
Sull’ambiente, però, la pallavolo sempra essere un passo avanti rispetto agli altri. Tra le tifoserie c’è una rivalità che non sfocia mai in violenza. Perché?
"È vero e questa serenità è una conquista che non è arrivata per caso, ma è il frutto di scelte precise. Le mie finali scudetto con Modena contro Parma e Bologna non sono state così serene. Poi su questo tema c’è stata grande attenzione e si è intervenuti".
Lei oggi insegna ai manager ad avere successo nella gestione delle aziende e con Velasco ha vinto 4 scudetti con quella Modena di cui era il capitano. Cosa ha imparato da lui?
"Intanto la vittoria dell’oro olimpico con la nostra nazionale femminile dimostra quanto Julio sia bravo nel far esprimere tutto il talento di chi allena. Posso dire che è stato un maestro da cui ho imparato che le persone sono sempre chiamate a dare il meglio di loro stesse e a collaborare tra loro per creare quell’energia e quello spirito di squadra indispensabili per vincere qualunque sfida".
Massimo Selleri
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