Djokovic, il re dalle lacrime d’oro. Ecco la medaglia inseguita una vita: "Ho dato il cuore per questo match»
Nole, a 37 anni, si toglie anche l’ultimo sfizio di una carriera da alieno: Alcaraz domato in due tie-break. La delusione dello spagnolo: "Perdere così fa male, ma nei momenti decisivi lui ha fatto qualcosa in più".
dall’inviato
Se il tennis è lo sport del diavolo, solo un satanasso come Djokovic poteva compiere un’impresa simile. Nole ha completato la sua rincorsa, aveva già il record degli Slam vinti, ma neanche un argento olimpico sarebbe bastato a farlo sentire compiuto. Lui che invidiava a Nadal l’oro in singolare, forse anche a Federer quello in doppio, tanto teneva ai Giochi. Lui che alle doti tecniche e al talento e al lavoro ha sempre sommato un carattere da guerriero indomabile.
Anche i guerrieri piangono, quando sentono che l’ultima battaglia è finita e possono tornare a casa. Le lacrime di Nole con la testa nascosta nell’asciugamano sono l’umanissima reazione di un atleta che per una volta sembra un Terminator, anzi meglio perché lui l’obiettivo l’ha portato a termine. Con anche il career golden slam ovviamente: tutti gli Slam più l’oro olimpico.
"Ho dato cuore e anima per questo oro, il mio primo a 37 anni", ha detto dopo aver abbracciato la famiglia. Perché il rischio era quello di non crederci più, al quinto tentativo a cinque cerchi: "Sono scioccato, è stata una partita intensa, tre ore per soli due set...Abbiamo avuto tutti chance di break, ma è giusto che in tutte e due i set siamo finiti al tie break". Il primo a 3, il secondo a due in favore del serbo, e appena caduta l’ultima palla della sfida contro il giovane Alcaraz a Belgrado si sono scatenati i caroselli (mentre sul web arrivavano complimenti anche da Salvini).
"Questa è la mia quinta Olimpiade, e non ero mai riuscito ad andare oltre la semifinale. Per questo contro Musetti avevo fatto certi pensieri...Ma una volta arrivato fin qui, ero meno nervoso perché pensavo che comunque una medaglia l‘avrei presa. Certo, l‘oro...Quando l’ultima palla è passata dietro di lui, quello è stato onestamente l’unico momento in cui ho pensato di vincere il match. Credevo di poterlo fare, ma vincerlo davvero… Continuava a rimontare, a chiedermi di giocare il mio miglior tennis. Ho messo tutto me stesso per vincere l’oro olimpico a 37 anni, e finalmente ce l’ho fatta. Era importante soprattutto per la mia nazione, è qualcosa di speciale. Non ero mai arrivato in finale, È la mia quinta Olimpiade, in tre delle precedenti ho giocato le semifinali, senza mai arrivare in finale. Forse anche per questo motivo prima del match non mi sono sentito così teso come sono di solito, perché mi ero assicurato una medaglia". Chi pensa che adesso possa ritirarsi, si sbaglia di grosso. "Non finisce qui".
Piangeva anche Carlos Alcaraz, ma non di gioia, anche capirà da domani che un argento a 21 anni è qualcosa di speciale: "È un momento difficile. Ho lottato in una partita di quasi tre ore in due set. Ho avuto delle chances e non le ho sfruttate. Nei momenti difficili nel tie-break lui ha fatto qualcosa in più, ha fatto quel vantaggio e se l’è meritato. Fa malissimo perdere così. Esco a testa altissima e so che ho dato tutto".
Contro il diavolo non è bastato.
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