Euro pass col batticuore. Azzurri, errori e sofferenza. Ma difenderemo il titolo
Occasioni da una parte e dell’altra con l’Ucraina, arriva il pareggio che serviva. Missione compiuta per Spalletti: in tre mesi ha ricostruito lo spirito della Nazionale.

Paolo Franci
Il capolavoro di Spalletti. Esagerati? No. Zero. In sei partite, dopo lo shock Mancini, ha preso l’Europeo che sembrava scivolare via, costruito una squadra che già sembra una sua squadra, bella e concreta e, rispetto al Mancio, non ha neanche un Ciro Immobile là davanti. Statene certi però, Luciano qualcosa inventerà. Lo ha già fatto a Roma e Napoli, per dirne un paio. E così, a giugno saremo in Germania. A fare cosa, lo vedremo, ma riapriamo, eccome, il cassetto dell’ottimismo. C’è un filo invisibile che lega le le ultime emozioni sprigionate da un campo da tennis a quel che succede d’azzurro in un campo di calcio. C’è un filo invisibile che lega Luciano Spalletti a Jannik SInner. Uno solo, che fa in mille pezzi la calcolatrice. Non l’ha fatto il Rosso contro Rune quando avrebbe potuto far fuori chi poi l’ha fatto fuori in finale, Djokovic. Non ci casca neanche a pensarci Big Luciano. Perchè se c’è una cosa di cui non fidarsi - mai - nel pallone è giocare contando sul fatto di avere il 66% delle possibilità di andare all’Europeo. E cioè potersi poggiare su vittoria e pareggio. E infatti Spalletti non ci casca e non ci pensa proprio. E’ per questo che carica i suoi con una sola, unica ossessione: vincere. Lo fa nei gesti, nella preparazione della gara, in quel coro che echeggia negli allenamenti in stile Marines: "Chi siamo noi? L’Italia!". Lo fa anche quando dorme perchè la vita del ct che s’incrocia col pallone è una via a senso unico. E cioè la ricerca della vittoria è l’unico modo di intendere il calcio. Poi però abbiamo i limiti con cui fare i conti. Non ci sono fuoriclasse ma un paio di giocatori superiori sì, come Chiesa e Dimarco. Non abbiamo un uomo gol, ripetiamo e se Jack Raspadori lo fosse, l’avrebbe mezza dentro sulla grande giocata di Chiesa che gli serve un pallone che chiede solo di essere appoggiato in porta. Non arriva Jack e sulla precedente invenzione di Chiesa, Frattesi arriva eccome ma è Turbin a fare la magia di piede. Attacchiamo, rischiamo pure con le loro ripartenze e un paio di momenti di sbandamento, ma la partita è nostra e, da Mancini a Spalletti, torna a galla un vecchio malanno, quello del gol. Giusto giocarsi Raspa e non Scamacca? Forse sì, perchè come un politico trasformista, Jack va a destra, sinistra, centro e apre la via al triangolo. Però serve un maledetto gol e allora nella ripresa ecco Scamacca, che però non riesce a sciogliere la tensione. Rischiamo di finire sotto per una incomprensione Gigio-Di Lorenzo, soffriamo, ci illudiamo di vincerla e rischiamo di perderla. Da infarto nel recupero, invece, i secondi che passano da quell’intervento in area su Mudryk di Cristante. Alla fine però i nostri alzano le braccia perchè su quel campo tedesco, ci tornerano a Giugno da campioni d’Europa.
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