Spalletti, serve un altro miracolo

Luciano Spalletti sceglie di prendere la sbilenca carrozza azzurra in corsa, a 64 anni, con coraggio e passione. Una passione nata da lontano, dalla bandiera cucita dalla mamma, che ora gli chiede un miracolo: rivoluzionare il pallone italiano.

di PAOLO -
3 settembre 2023

Paolo

Franci

Il pallone. La mamma. La bandiera. Di solito e in un Paese che non perde mai di vista - nel bene e soprattutto nel male, purtroppo - il suo antico spirito feudale, quando si citano i tre amori più grandi (nell’ordine...) vuol dire che siamo al vertice della passione. E Luciano Spalletti, irascibile quanto si vuole ma nel tempo migliorato assai nel saper cogliere l’onda giusta della comunicazione, ieri ha messo in fila le tre cose alla sua premiere nel mondo azzurro. Eh sì, se il pallone c’è da sempre nella sua vita, l’aver citato la mamma che gli cucì la bandiera con le sue mani - quando aveva 11 anni e gli eroi messicani erano Rivera, Facchetti, Mazzola e Boninsegna - dà il senso a una passione azzurra che nasce da lontanissimo, mai sopita e ora dirompente. Al punto da riuscire a soffocare anche l’indignata - come dargli torto? - ma composta reazione del presidente federale Gravina sulla fuga del Mancio. A Luciano Spalletti, oltre che le indiscutibili qualità tecniche, va riconosciuto innanzitutto il coraggio. Scegliere di prendere la sbilenca carrozza azzurra in corsa e dopo quanto accaduto, beh cos’altro può essere se non un atto di coraggio? A 64 anni e col mantello della gloria ancora indosso, Big Luciano - volendo - avrebbe potuto anche aspettare il crac di qualche clubbone non necessariamente italiano per rifarsi una vita con vista su chissà quale glorioso futuro. Oppure, semplicemente, oziare dissodando la terra, sua antica passione, guardando sempre al pallone, ma da lontano. E invece no. Invece quella bandieretta cucita dalla mamma e tenuta lì, nella scatola delle cose preziose, s’è improvvisa riaccesa nei tre colori e nel suo cuore. Come si fa a dire no alla Nazionale? C’era cascato il Mancio ai tempi dello Zenit e prima della Grande Fuga. Ci casca cuore e sentimenti Big Luciano, ben sapendo che sarà mica semplice. Però, a lui chiediamo quel che sa fare meglio: essere un Garibaldi e rivoluzionare il pallone come ha fatto a Napoli, dove ha stravinto dopo che gli avevano venduto tutti i big, tagliato il monte ingaggi dei giocatori con l’accetta e prendendo non certo nomi da pallone hollywoodiano. Un specie di miracolo, per intenderci. Come qello che ora gli chiede una nazione intera.

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