Charly Recalcati: 25 anni dal primo scudetto. Fortitudo, tra ricordi e nuove sfide

Il 30 maggio 2000 battendo la Benetton a Treviso, l’Aquila vince il primo titolo. Il coach: “Avevo chiuso un ciclo a Varese e stavo già per andare in Spagna. Poi il mio procuratore mi chiama e mi dice che Seràgnoli intende parlarmi...”

di ALESSANDRO GALLO
30 maggio 2025
È il 30 maggio: la Fortitudo a Treviso vince gara-quattro e conquista il primo titolo della sua lunga storia

È il 30 maggio: la Fortitudo a Treviso vince gara-quattro e conquista il primo titolo della sua lunga storia

Bologna, 30 maggio 2025 – Venticinque anni dopo il primo scudetto Fortitudo. Un racconto, quello di Charly Recalcati, lo stratega del tricolore, che dimostra una volta di più come la vita possa cambiare attraverso quei momenti resi celebri dal film ‘Sliding Doors’. Lui (Charly), Seràgnoli, Myers, Katash, i tifosi e Bologna. Un turbinio di ricordi e di emozioni che Charly, grande allenatore, uomo eccezionale e abile oratore, riesce a rendere attuali.

L’abbraccio tra il vice Massimo Magri e l’allenatore Carlo Recalcati a Treviso
L’abbraccio tra il vice Massimo Magri e l’allenatore Carlo Recalcati a Treviso

Buongiorno Charly.

"Sempre un piacere sentirsi".

Prima di tornare a quel 30 maggio 2000, partiamo dal presente.

"Stiamo ultimando il libro di Arnaldo Taurisano…".

Stiamo?

"Cesare Angeletti e io. Abbiamo trovato due volumi inediti del Tau. Uno era una sorta di antologia, un altro pura tecnica. Li abbiamo trasformati in un volume unico".

Ma non avete messo la vostra firma.

"Ci mancherebbe. Abbiamo operato d’intesa con gli eredi del Tau. Erano suoi scritti. Tutto il ricavato sarà devoluto alla Briantea 84. Polisportiva che si occupa di sport paralimpico e che segue centinaia di ragazzi. Il volume sarà disponibile a settembre".

Dal Charly scrittore al Recalcati attore.

"Sì (ride), ma interpreto me stesso. Stanno realizzando un docu-film. Stanno raccogliendo video, filmati, testimonianze tra Bologna e Venezia, Siena e Cantù, Bergamo e Varese. E ancora Reggio Calabria e Parma. Sarà la storia della mia vita".

Sarà un bel film.

"Lo spero".

Con uno spazio su Bologna Fortitudo.

"Ovvio, ma forse non tutti sanno la storia".

Beh, quello scudetto… Era il primo.

"Sì, ma sono gli inizi che vanno raccontati".

Lo faccia.

"Vinco lo scudetto con Varese".

Quello della stella. E fin qui ci siamo. Poi firma per la Fortitudo.

"No, è qua che la storia cambia".

Perché?

"Avevo già deciso di lasciare Varese. Ma ero molto avanti con Malaga. Mi volevano in Spagna. Dovevo solo definire contratto, durata, casa".

Poi?

"Mi chiama l’avvocato Storelli, che cura i miei interessi. Mi dice: ‘Seràgnoli vorrebbe parlarti. Ma è a Milano. Io ero a Treviso".

E lei?

"Vado a Milano, Principe di Savoia. Mi riceve Seràgnoli, mentre sta guardando una partita dell’Inter. Io sono milanista e non mi sbilancio".

E Seràgnoli?

"Arrabbiato. Mi dice che vuole cambiare tutto. Che mi darà carta bianca. Ma che lui è stanco di perdere. E cambierà tutto. Ripensava alla stoppata su Karnisovas. Non lo voleva più".

Salvò Arturas, insomma.

"Mica solo lui. Voleva fare piazza pulita. Via lui, Myers, Fucka…".

E lei?

"Conosco i presidenti appassionati. Lascio che sbollisca la rabbia. Troviamo l’accordo. E anziché rivoluzionare la squadra li tengo quasi tutti. Chiedo solo il ritorno di Galanda, che avevo avuto a Varese. Poi in regìa…".

Regìa?

"Sì, bisogna sostituire Mulaomerovic. Si parla di Katash. Però il suo agente mi dice che Oded vuole il numero 10, che è di Carlton, che è abituato a giocare molto".

E lei?

"Nel frattempo ricevo una chiamata da Los Angeles. E’ Marko Jaric. Mi dice: ‘So che vi stanno offrendo Katash. Sappi che diventerò il playmaker più forte d’Europa’. Mi fa un’ottima impressione. Tengo lui e Basile".

E Vrankovic?

"Ci viene offerto. Anzi, viene offerto a Enzo Lefebre. Lo firmiamo subito".

Stagione da favola fino alla prima gara della finale scudetto con Treviso. Si gioca al PalaDozza: perdete e…

"Karnisovas infortunato. Spero di recuperarlo fino alla fine. Non ci riusciamo. Propongo quintetti tradizionali, non funzionano. Perdiamo".

Poi?

"In sala stampa racconto la sconfitta. Salgo la scaletta e vedo centinaia di persone a testa bassa. Che imprecano. La maledizione dello scudetto".

Quante ne confessa?

"Esagero, forse qualcuna l’ho salvata dal suicidio. Ma faccio colloqui individuali e di gruppo con i tifosi. Non ho certezze. Dentro di me ho mille dubbi. Ma provo a mostrarmi sereno e fiducioso".

E alla squadra?

"Il giorno stesso non dico nulla. Il giorno dopo dico a tutti che siamo fortunati. Che è solo basket. Che chi sta male sono i genitori di Jaric che a Belgrado sono sotto le bombe".

Funzionò?

"Funzionò l’inizio della stagione. Chiesi alla squadra di raccontare e raccontarsi. Quanto toccò a Carlton disse: ‘Non devo aggiungere nulla. Tu hai vinto, noi no. Dobbiamo seguirti".

E la seguirono.

"Varammo il quintetto dei lunghi".

Come il vecchio muro di Cantù.

"Sì, solo che a Cantù c’erano due lunghi e tre nani. Lì avevo i 220 centimetri di Vrankovic e i 210 e rotti di Galanda e Fucka".

E scudetto fu.

"Ci fu l’apporto di tutti gli altri, da Basile a Pilutti a Gay, che io avevo portato in Italia a Cantù".

E ci fu il viaggio sul carro dei vincitori.

"Già, la marcia su un carro fino al Nettuno. Pilutti, il coniglio sul tridente. Che ricordi. Saltai solo il pellegrinaggio successivo a San Luca. Ma la famiglia era presente: c’era mia moglie Giovanna".

Sembra un film. Sarà un docu-film. Perché questa è la vita di Recalcati. Capace di vincere tre scudetti in tre piazze diverse come allenatore (come lui solo Valerio Bianchini ed Ettore Messina) e di regalare un argento olimpico all’Italia. Un grande dei canestri.

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