Vincenzo Esposito: il primo italiano a segnare in NBA e leggenda della Fortitudo
Vincenzo Esposito, primo italiano a segnare in NBA, è una leggenda del basket con la Fortitudo e una carriera straordinaria.

Vincenzo Esposito, primo italiano a segnare in NBA, è una leggenda del basket con la Fortitudo e una carriera straordinaria.
Se Marco Belinelli è il primo (e per ora unico) italiano ad aver vinto un titolo nella Nba, Stefano Rusconi, nell’ormai lontano 1995, è stato il primo italiano a giocarci. Ma sapete chi è il primo italiano ad aver realizzato un punto nel mondo dei professionisti a stelle e strisce? Proprio lui, Esposito Vincenzo. Uno dei giocatori più spettacolari visto con la maglia Fortitudo.
Nato a Caserta l’1 marzo 1969, Vincenzo è un predestinato. E, forse, della sua vita bisognerebbe trarne un docu-film. Intanto ci sono già stati almeno un paio di libri che ne narrano le gesta, tra canestri e scudetti – il primo per Caserta –, colpi di testa e tiri impossibili (per tutti, ma non per lui). Primi tempi magari scialbi, seguiti da riprese arrembanti. Ma anche primi tempi fantastici come quella volta che, in Piazza Azzarita – i tifosi erano sicuri di assistere a qualcosa di unico – ne segnò 38 in venti minuti contro la Cagiva Varese.
Vincenzo il predestinato, perché ha la possibilità di esordire in A1 a 15 anni. E lo ha potuto fare perché Caserta, negli anni Ottanta, si affida all’allenatore più visionario che potesse esserci, Boscia Tanjevic. La maglia è quella della Juve Caserta, tenuta ferma dallo scotch perché Vincenzino ha solo 15 anni e nella maglia numero 15, appartenuta a un compagno già formato, ci balla dentro.
L’esordio, raccontato dal diretto interessato, è uno spasso. Oggi, in epoca di politicamente corretto, ci sarebbe qualcuno portato a dire che Esposito sia stato oggetto di bullismo.
Boscia si gira verso la sua panchina e cosa dice? "Sì, dico a te, stronzo. Alzati e vai in campo". Esposito ha le gambe che fanno ‘giacomo-giacomo’, ma risponde alla chiamata con 4 punti: Caserta vince. Nel 1991, a Milano, con la maglia di Caserta, vince lo scudetto per il club campano. Meglio, lo vede vincere, perché in quel confronto decisivo, Vincenzino si fa male al ginocchio destro. Sdraiato su una barella, in attesa di accertamenti, stringe i denti – il dolore è fortissimo – e vede i compagni vincere. I legamenti del ginocchio destro sono saltati e, grazie a quello, comincia a fare i conti con le Due Torri. Già, perché la rieducazione la segue Enzo Grandi, il professore, già preparatore atletico del Bologna di Gigi Radice e poi, per una vita, braccio destro di Ettore Messina alla Virtus.
Nel 1993 la Fortitudo ha appena conquistato la promozione in A1: dietro le quinte agisce Giorgio Seràgnoli che ha il sogno di regalare lo scudetto all’Aquila. E il primo acquisto boom, dell’era Seràgnoli, è proprio lo scugnizzo di Caserta. Cinque miliardi di vecchie lire, per spingere Esposito lontano dalla sua Caserta e portarlo all’ombra delle Due Torri. Il primo anno – quello del -6, partenza a handicap – in coppia con Corradino Fumagalli, il secondo con Sale Djordjevic.
Idolo della Fossa dei Leoni, Vincenzo entra subito in sintonia con la nuova tifoseria. "Forse perché ero un po’ maraglio", se la ride ad anni di distanza. Ci sono i 41 punti con la Benetton il 12 dicembre 1993. La partita che lo consacra alla storia (Fortitudo) e gli porta in dote il nomignolo di El Diablo si consuma una settimana prima, il 5 dicembre 1993, a Pistoia dove, qualche anno più tardi, allenerà. Zero punti nel primo tempo: Sergio Scariolo, inflessibile, lo confina in panchina. Cosa si siano detti durante l’intervallo resta materia di dibattito (e di leggende metropolitane). Fatto sta che dopo il nulla del primo tempo, arrivano i 29 punti nella ripresa. La Fortitudo vince e Vincenzino diventa El Diablo.
Magari non è un difensore integerrimo: ma in attacco, quando è assistito dagli dei dei canestri – e questo capita spesso – trova soluzioni incredibili. Incredibili per tutti. Non per Enzino, che trascina la Fortitudo ai quarti. Un anno dopo, c’è la semifinale: c’è quella che lui definisce la sua partita più bella in Fortitudo. Il 25 marzo 1995 la Filodoro supera Varese 91-88. Enzino chiude con 46 punti (5/9 da due, 8/15 da tre, 12/12 ai liberi), 38 dei quali nel solo primo tempo. Con 24,1 punti di media è il miglior bomber italiano. Vincenzino, nel giugno dello stesso anno, è pure, per punti segnati, il miglior marcatore dell’Italia (guidata da Ettore Messina) agli Europei. Vola nella Nba, indossa la maglia dei Toronto Raptors e in Canada scopre quanto sia numerosa la comunità italiana (e quante famiglie Esposito ci siano).
Il contratto è triennale, incassa persino i complimenti di un certo Magic Johnson. Poi torna in Italia. Pesaro, Pistoia, Andrea Costa Imola, Udine, Gran Canaria, Virtus Roma, Murcia, Casale, Capo d’Orlando, Gragnano e Gira Ozzano. Irrefrenabile. Anche con gli arbitri. Come quella volta che, a Forlì, in occasione di una final eight di Coppa Italia, contesta a modo suo un arbitro. Vincenzino gioca nella Virtus Roma, opposta alla Scavolini Pesaro. Gli arbitri gli fischiano un fallo commesso, a loro dire, sul compianto Alphonso Ford. E Vincenzino? In dialetto casertano, giocando sull’assonanza Ford-forte: "Arbitro: questo è Ford, ma io sono Vincenzo Esposito". Inimitabile.
Dopo la ‘conversione’ della panchina – da attaccante sublime e inimitabile a teorico della difesa – ha accantonato l’idea di allenare. Vive a Gran Canaria e gira spesso in camper divertendosi con il surf. Come faceva una volta (divertendosi) con un pallone da basket.
(63. continua)
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