L’opinione. E’ la paura che sterilizza l’attacco

Primo non prenderle. E’ stato per anni il vangelo del calcio italiano, la massima espressione era il "catenaccio", col "libero"...

di Redazione Sport
13 gennaio 2024

Primo non prenderle. E’ stato per anni il vangelo del calcio italiano, la massima espressione era il "catenaccio", col "libero" dietro alla difesa e con licenza di "uccidere" qualunque attaccante avversario sfuggito ai compagni. Nel basket questa visione ha assunto per forza una modalità diversa, che ha tenuto banco a lungo, segnando per decenni un solco tra gli allenatori: con l’attacco vinci le partite, con la difesa vinci gli scudetti. Bello e chiaro da dire, mai provato realmente nella realtà.

Dietro c’era la stessa idea "sparagnina" del "catenaccio" calcistico: si fa presto a dire basket d’attacco e in quei giorni in cui il pallone non va dentro come la mettiamo? Vero, ma il basket non è il calcio e nessuna difesa riuscirà a non far tirare a canestro i tuoi avversari. Me lo ricordo Sacchetti giocatore, non lo conosco da allenatore: era uno convinto dei suoi mezzi fisici e tecnici ottimi e giocava senza paura. Perché è la paura a sterilizzare gli attacchi, ma la mancanza di paura non vuol dire faciloneria dei tiri a capocchia, semmai assunzione personale di responsabilità senza alcun senso di colpa. Aggiungerei a titolo personale, ma non so come la pensa Sacchetti, che per me squadra d’attacco vorrebbe dire anche sostenuta velocità di base: nessun attacco è altrettanto efficace di quello contro difese non schierate. Il basket che cammina dev’essere per forza difensivo. Se, come dicevano gli antichi, "con l’attacco vinci le partite ma non gli scudetti" allora siamo a cavallo. A noi, adesso, basterebbe vincere le partite.

f.b.

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