Nba, Carmelo Anthony annuncia l’addio al basket
L’ex All Star ha comunicato la sua scelta tramite un video Instagram
Un semplice video per comunicare la decisione, irrevocabile. “E’ giunto il momento per me di dire addio”.
Stiamo parlando di Carmelo Anthony, inserito nella lista dei primi 75 giocatori Nba di tutti tempi, uno straordinario attaccante capace di mantenere, in quasi vent’anni di carriera una media di 22,5 punti.
Ma i numeri, da soli, non sono sufficienti per far capire quale sia stato l’impatto di Melo nella Nba. Anche se, le cifre, vanno rimarcate una volta di più per far capire cosa significhi il termine “macchina da canestri”: 28.289 punti realizzati in 19 stagioni e con sei canotte diverse. Per dieci volte anche All Star. E, almeno in un’occasione, compagno di squadra di uno dei suoi amici più importanti e cari. LeBron James. Los Angeles Lakers nel 2021/2022: Carmelo è un grande amico di LeBron James, che in questi giorni sta cercando, senza riuscirci, di reggere l’urto nelle finali di Conference, dei Denver Nuggets, la squadra, tra l’altro, nella quale è scattata la vita Nba di Melo.
Nato a New York il 29 maggio 1984, Carmelo si trasferisce a Baltimora all’età di otto anni. Papà muore quando lui ha solo due anni, la mamma è una figura di riferimento e lui, oltre a giocare, e bene, a pallacanestro, deve schivare, in strada, altri problemi. Pistole, spaccio, omicidi. Il rapporto conflittuale con il patrigno, che lui cura con affetto, senza essere ricambiato con la stessa moneta. Non si tratta di un’esagerazione, basta leggere la sua autobiografia, “Dove non c’è promessa del domani Una storia di sopravvivenza e speranza”, per capire che il piccolo Melo sia una sorta di miracolato. Non tanto per essere riuscito a sfondare nel mondo dei canestri quanto, piuttosto, per essere riuscito a schivare una morte violenta. Alla quale non sfuggono alcuni amici cari.
È uno dei simboli anche della seconda edizione del Dream Team, anche se l’inizio, con la nazionale, non è dei migliori. Ai Giochi di Atene 2004 gli Usa si presentano con una formazione sulla carta fortissima, ma poco amalgamata. Arriva solo un bronzo che, per gli States, è una sorta di fallimento. Noi italiani quei Giochi ce li ricordiamo, perché sul podio, davanti agli statunitensi e dietro gli argentini, c’eravamo proprio noi. Poi, però, arriveranno tre medaglie d’oro a Pechino, Londra e Rio de Janeiro.
A livello Ncaa dà spettacolo e vince nel 2003 con Syracuse. Il successo di squadra e i premi individuali gli danno una grande notorietà. Viene scelto subito al draft di quel 2003. E’ la terza scelta assoluta. La prima è LeBron James, poi Darko Milicic. Alle sue spalle Chris Bosh e Dwayne Wade. Fino al 2011 è una stella dei Denver Nuggets, poi New York Knicks fino al 2017. Non vince mai l’anello, anche se ne sente il profumo. Poi, sempre con una grande propensione offensiva, gioca anche per gli Oklahoma City Thunder, Houston Rockets, Portland Trail Blazers e Los Angeles Lakers.
Non solo canestri, un altro punto di forza. Il sorriso, la voglia di superare le difficoltà, cercando di mostrare di essere più forte del destino. E qui, appunto, si torna al volume autobiografico nel quale Melo si mette a nudo, raccontando i problemi creati da una società talvolta razzista. Le difficoltà di emergere, senza vivere in un ghetto, con l’occhio e l’affetto di una mamma che lo coccola, lo protegge e l’aiuto. Non farà più canestro, Melo, almeno nella Nba. Ma la sua storia di resistenza e riscatto può essere un punto di partenza per tanti che vorrebbe vivere l’esperienza Nba.
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