“Beli farà la scelta giusta”. Sanguettoli, il primo coach: “Una carriera straordinaria. Ma ora la famiglia chiama”

Il mentore di Marco: "Dovesse smettere, aver chiuso a Brescia sarebbe il top Era un predestinato e la carriera lo dimostra: nessun italiano è arrivato a tanto. Il futuro? Non ha bisogno di consigli. La voglia di godersi le bimbe può pesare". .

di ALESSANDRO GALLO
24 giugno 2025
Marco Belinelli, 39 anni lo scorso 25 marzo: è l’unico italiano ad aver vinto l’Nba

Marco Belinelli, 39 anni lo scorso 25 marzo: è l’unico italiano ad aver vinto l’Nba

Cosa farà il capitano? Continuerà una straordinaria carriera o deciderà di appendere le scarpette al chiodo? Marco Sanguettoli, il tecnico che ha cresciuto Marco Belinelli, un’idea forse ce l’ha. E sa che Beli...

Sanguettoli, cosa farà Marco? "Non lo so. La decisione la prenderà lui. Non credo che abbia bisogno di particolari consigli, tantomeno dal sottoscritto. Ha dimostrato, nel corso degli anni, di saper prendere, da solo, decisioni valide e importanti".

Lei è il suo mentore. "Addirittura".

Nel settembre 2014, quando il Comune gli conferì il Nettuno d’Oro, Marco la volle al suo fianco. "Fu un bel momento. Al di là di tutto, abbiamo avuto sempre un rapporto molto diretto. E giovedì usciremo anche insieme".

Dovesse smettere? "Beh, credo che a Brescia, in quel caso, avrebbe chiuso nel migliore dei modi un percorso straordinario. Ha avuto una carriera piena di impegni, viaggi e successi. E’ molto attaccato, giustamente, alla sua famiglia. Credo che un giorno voglia godersela a pieno".

Belinelli è... "Per me si tratta del giocatore italiano con la carriera più importante. Non solo per i risultati che ha ottenuto – sto pensando alla Nba –, ma per come l’ha costruita, passo dopo passo. Una longevità non indifferente, frutto delle sue scelte e dei suoi sacrifici. E poi...".

Dica. "Marco sotto certi punti di vista è stato un precursore. Adesso molti giocatori non si fermano nemmeno d’estate. Non giocano, ovviamente, ma si tengono in forma, seguono programmi specifici. Ora lo fanno quasi tutti. Quando Marco ha iniziato era una sorta di mosca bianca. Questo lo ha aiutato a conservarsi".

Lei lo conosce da quando veniva all’allenamento in bicicletta. "In bicicletta no. Quelli erano i tempi in cui era ancora a San Giovanni. Ma lo ricordo poco più che ragazzino, portato dalla mamma o dal papà in palestra".

Era un predestinato? "Nessuno poteva presagire che avrebbe giocato così a lungo nella Nba o che avrebbe vinto tanto. Perché serve anche un pizzico di fortuna. Però io avevo la possibilità di lavorare tutti i giorni con lui. Era un piacere per gli occhi. Era bello da vedere, per come si muoveva in campo. Per lo spirito che ha sempre avuto nell’affrontare le sfide. E’ stato davvero esaltante seguirne la carriera".

Fino a martedì scorso, la vittoria a Brescia. "Credo che la Virtus abbia davvero fatto un’impresa".

Che idea si è fatto di questo scudetto? "Prima di tutto mi ha fatto piacere pensare che lo scudetto sia tornato a Bologna. Poi, potrei dire, l’effetto Shengelia. Ma non direi nulla di nuovo o particolare. Quello che ha fatto Toko è sotto gli occhi di tutti. Ma lo scudetto, però, non lo vince mai uno da solo".

L’ha vinto una squadra. "Appunto. L’ha vinto una squadra che a un certo punto ha cominciato a difendere, concedendo pochissimo agli avversari. Si è visto anche l’apporto di Ivanovic".

Da Belinelli a Pajola: lei ha allenato Alessandro? "No, sono uscito dal mondo Virtus quando lui stava entrando. Però...".

Però? "Credo che di Ale si possa dire tutto il bene possibile. E’ un esempio per i giovani. Ha dimostrato un’intelligenza difensiva fuori dal comune. Ha fatto vedere a tutti che si può fare la differenza senza segnare trenta punti a partita o senza schiacciate particolari".

Pajola la nuova bandiera? "Me lo auguro. Di bandiere ne sono rimaste poche, le squadre cambiano rapidamente, all’insegna del business. L’idea di un ragazzo che partendo dal settore giovanile diventi protagonista e importante è romantica".

Che futuro vede per la Virtus? "Non mi permetto di dare giudizi. Però spero che la squadra riparta dagli italiani. Non solo Pajola e Hackett, ma anche Akele e Diouf, che hanno fatto progressi clamorosi. E mi auguro che si possa aggiungere presto anche Polonara. Facciamo tutti il tifo per lui".

E la Fortitudo? "Nella mia carriera di allenatore, anche se ho trascorso più anni in Virtus, sono stato anche in via San Felice. E sono davvero un tifoso del basket a Bologna nel suo complesso. Credo di essere un buon amico di Meo Sacchetti, che ha allenato il mondo biancoblù. E poi...".

Poi? "Beh, credo che la Fortitudo abbia un presidente di livello assoluto come Stefano Tedeschi. Un ottimo dirigente e una grande persona. Per questo mi auguro di vedere presto la Fortitudo di nuovo in serie A".

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