Dispetti, sogni e sorpassi: brilla la stella del 1984

Olimpia e Virtus si ritrovano in finale per la quinta volta: guida Bologna 3-1. Il ratto di Peterson, le polemiche per Ferracini e una rivalità riesplosa nel 2021. .

di ALESSANDRO GALLO -
9 giugno 2023

di Alessandro Gallo

Olimpia-Virtus, atto quinto. Almeno a livello di finali scudetto (la prima nel 1979) perché la rivalità si perde nella notte dei tempi. Quando il basket non era nemmeno pallacanestro ma, piuttosto, palla al cesto. Ovvio che Olimpia e Milano non abbiano l’età di James A. Naismith, l’inventore di questo sport, ma la rivalità tra Milano e Bologna nasce negli anni Trenta, prende piede negli anni Cinquanta e cresce nel tempo.

L’Olimpia è datata 1936 e subito comincia a dare i primi dispiaceri alla V nera. Milano è tricolore proprio nel 1936 e 1938. Chi pensate si sia piazzato al secondo posto? La Virtus, appunto. I bianconeri si riscattano nell’immediato dopoguerra quando, per un intero campionato (ma questa è un’altra storia), la Virtus scende in campo con la maglia della Fortitudo. Proprio così: i bianconeri si riprendono tutto (simboli e colori) prima della fase finale. Risultato arrivano quattro scudetti in fila dal 1946 al 1949. Nel 1950 il nuovo sgambetto di Milano (Olimpia tricolore, V nera seconda) che si ripete nel 1952, 1953, 1958, 1959 e 1960. Milano è così dispettosa nei confronti di Bologna, che si impone anche nel 1954. Al secondo posto il Gira che, in quegli anni, è la seconda torre di Bologna.

Storie tese – Ferracini che viene a Bologna nei primi anni Settanta poi torna a Milano, non senza polemiche – e lo scippo di Peterson. Che non è tale solo perché è lo stesso avvocato Porelli a spingere il leggendario Dan verso la Milano da bere. Peterson è bravo, ma il suo allievo prediletto, Terry Driscoll, lo beffa. Siamo nel 1979: il 6 maggio il Bologna (calcio) si salva virtuamente mentre il Milan vince lo scudetto della stella. A poche centinaia di metri da San Siro c’è il Palazzone, che poi cadrà per un abbondante nevicata. Driscoll con Cosic e Bertolotti dà scatto matto alla Banda Bassotti (il più alto supera di poco i due metri) di Peterson.

La finale di fuoco è quella del 1984: la Virtus di Bucci espugna il Palazzone. In Piazza Azzarita si è pronti alla festa, ma non si fanno i conti con Franco Boselli. Si torna a San Siro – Meneghin espulso dall’arbitro Vitolo è squalificato – Villalta e Van Breda Kollf con l’aggiunta di Brunamonti, Bonamico, Rolle e Fantin sono imprendibili. E’ lo scudetto della stella, 27 maggio 1984.

Peterson a Milano? L’avvocato prova il controsorpasso con Sandro Gamba, che aiuta Ettore Messina nella crescita, ma non porta in dote scudetti. Milano e Virtus – altri cambi di casacca, da Bonamico a Coldebella e Sconochini – si ritrovano in finale ancora nel 2021. Chi ha cambiato casacca, dopo aver scritto la storia Virtus degli anni Novanta e i primi anni Duemila, è Ettore Messina. C’è lui sulla panchina Olimpia. Su quella Virtus c’è l’ex Olimpia Djordjevic che sorprende tutti: 4-0 per Bologna e tutti a casa. Milano si prende capitan Pippo Ricci, si litiga per Davide Moretti e Nico Mannion. Prima ancora le schermaglie per Belinelli, Datome e Melli. Nel 2022 la rivincita di Milano. Virtus-Olimpia 3-1 (in finale).

Da oggi, per la prima volta, si trovano in finale con organici da Eurolega. Questo significa che, in tribuna, ci sono tanti giocatori e di tale qualità, che si potrebbe fare una terza squadra che arrivi quantomeno alla finale tricolore. Ma anche questa è un’altra storia. Da stasera spazio solo per il derby d’Italia: i 29 scudetti dell’Olimpia contro i 16 della Virtus. Nessuno, nel nostro paese, come loro.

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