Ginobili Arriva Manu, è il Grande Slam Virtus
Estate 2000: i bianconeri inseguono vanamente Meneghin che sbarca in via San Felice. L’argentino fa le fortune della V nera

Ginobili Arriva Manu, è il Grande Slam Virtus
Che sia rimasto legato alle Due Torri, l’ha dimostrato in estate, quando è tornato a Bologna. Sono passati quasi ventitré anni dal Grande Slam della Virtus – Coppa Italia, Eurolega e scudetto –, ma il ricordo di Emanuel Ginobili detto Manu è ancora fresco nei tifosi della Virtus che frequentavano il PalaMalaguti di Casalecchio tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del terzo millennio.
Nasce a Bahia Blanca, in Argentina, il 28 luglio 1977 e arriva nel nostro paese, in Italia, a soli 21 anni. La Viola Reggio Calabria ha un filo diretto con l’Argentina e il fiuto giusto (basti pensare a Hugo Sconochini) e porta a casa questo mancino, un po’ naif, capace di fare canestro dalla lunga distanza, così come schiacciare grazie all’esplosività dei suoi garretti.
A Reggio Calabria muove i primi passi e ottiene risultati di tutto rispetto: la promozione in serie A gli vale l’interesse degli Spurs di San Antonio, che lo scelgono al secondo giro del draft 1999, con il numero 57.
In Virtus quasi per caso. Già, perché nell’estate del 2000, quando la Virtus passa dalle mani di Alfredo Cazzola a quelle di Marco Madrigali, l’obiettivo è Andrea Meneghin. Il figlio di Dino ha vinto lo scudetto con Varese, ha trionfato agli Europei del 1999 ed è nel pieno della maturità. Andrea sembra il giocatore in grado di far fare subito il salto di qualità al club che lo acquista. E a Bologna parte l’asta: lo vuole fortissimamente la Virtus. Lo cerca la Fortitudo che, in biancoblù, ha già mezza nazionale, da Basile a Galanda, senza dimenticare Myers e Fucka. Messina, nel senso di Ettore, adora Andrea. Anche se il suo vice, Giordano Consolini, spinge per l’argentino.
Menego junior finisce in via San Felice. Manu, invece, approda in bianconero ma gli inizi non sono dei migliori. La leggenda narra che, dopo le Olimpiadi di Sydney, Manu sia in palestra, all’Arcoveggio. E che, dopo una zingarata, schiacci violentemente. Dal fondo della palestra, un vocione inconfondibile: "Guarda che non sei più a Reggio Calabria, adesso sei alla Virtus". Parole che suonano come un monito: solo Sasha Danilovic le può pronunciare.
Sulla carta, in quell’estate del 2000, Manu è l’alter ego di Sasha ma, di fatto, ‘solo’ il cambio. Si pensa che la presenza di Sasha e un minutaggio contenuto, rispetto alle abitudini reggine, possano tarpare le ali a Manu. La fortuna aiuta gli audaci: Manu ha entusiasmo, talento, passione e quel pizzico di sfrontatezza. A soli 30 anni, Danilovic decide di ritirarsi. E Manu, da sesto uomo, diventa uno del primo quintetto, anche se non ancora un campione. Primo impegno di Eurolega: si gioca ad Atene contro l’Aek. Il 18 ottobre 2000 Manu fa il suo esordio: la Virtus viene battuta 78-77, il tabellino dell’argentino riporta un punto: 0/2 da due, 0/4 da tre, 1/2 ai liberi.
Ettore Messina non fa sconti: "Ginobili è sparito dal campo. Deve imparare a sopportare la pressione". Qualche compagno è ancora più duro: "Se questo è Manu, non andiamo da nessuna parte". Ginobili non ha la freddezza di Sasha, il suo basket estroso talvolta manda in tilt anche il coach.
Il tempo, però, è galantuomo: Manu non avrà la freddezza di Sasha, ma quanto ad attributi non è secondo a nessuno. Si allena, sgobba e, da brutto anatroccolo, si trasforma in uno splendido cigno. Prende per mano la squadra nella serie con il Tau e porta alla Virtus la seconda Eurolega. Ma è il derby, ancora una volta finale scudetto, a mostrare la grandezza di Manu. Con due azioni difensive, anzi, due stoppate, memorabili. Chi è l’avversario numero uno della Virtus? Carlton Myers. Si gioca gara-due al PalaDozza, la Virtus è in controllo, poi, qualcosa si inceppa. A 58 secondi dalla fine, Aquila a -3: Myers vola in contropiede con un canestro che appare già fatto. Due punti facili che potrebbero riaprire i giochi e cambiare l’inerzia del derby. Perché il condizionale? Perché Carlton non segna: da dietro, con la velocità di un centometrista, lo rimonta Manu. Che salta. Salta così in alto che stoppa Carlton (mica facile) e regala gara-due alla Virtus (71-77, è il 16 giugno 2000).
E gara-tre? Ovvio, il passaggio di consegne. L’anno prima, lo scudetto ha preso la strada di via San Felice, per la gioia della Fortitudo e di Myers. Myers, sempre lui: in gara-tre, finta il tiro, Ginobili abbocca e salta a vuoto. Myers comincia a gustare la tripla, ma non fa i conti con i garretti di Manu. Colpo di reni, Ginobili è di nuovo in aria: la seconda stoppata in pochi giorni è servita. E’ il 19 giugno 2000: è il Grande Slam bianconero. La Coppa Italia un anno dopo. Manu è maturo: vola nella Nba dove contribuisce a scrivere la storia degli Spurs e di San Antonio, anche se all’inizio il feeling con Gregg Popovich non è saldo. Ma era successo anche con Messina. Poi, Manu, conquista tutti. Olimpiadi comprese.
Quando è tornato, in estate, si è diviso tra Bologna e Reggio Calabria (dove è stato premiato). Stava girando tracce del suo passaggio per quello che dovrebbe essere un docu-film. Rivivremo l’epopea di Manu al cinema?
(34. continua)
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