Incrocio Bologna-Milano. Da Banchi a Djordjevic, le panchine scambiate
Rivalità iniziata negli anni Cinquanta che riprende vigore con il patron Zanetti. Dall’ingaggio boom di Teodosic alle tre finali scudetto di fila. E non è finita.
Virtus-Olimpia, la sfida infinita. E il confronto che, a meno di clamorose sorprese o incredibili exploit, rivedremo al termine della stagione. Come finale scudetto (sarebbe la quarta di fila).
Un duopolio, Milano-Bologna (sponda bianconera) che in realtà ha almeno due benedizioni. La prima è del presidente della federbasket, Gianni Petrucci, la seconda è di un guru dei canestri qual è Dan Peterson.
"Quando arrivai in Italia – ricorda spesso Dan –, lo scudetto era una questione a tre: Varese, Milano e Cantù. Chi arrivava dietro, magari con una percentuale di vittorie al di sotto del cinquanta per cento, non si piangeva addosso. Ma si rimboccava le maniche".
Così, da quella corsa a tre, negli anni, emersero la Virtus, Pesaro, Roma e, via via, tutti gli altri, fino a Caserta e Treviso.
Ma qui si parla di Virtus-Olimpia, Bologna contro Milano un duello che ci riporta indietro agli anni Cinquanta.
La Virtus, che all’epoca giocava in Santa Lucia, domina il secondo dopoguerra. Ma negli anni Cinquanta, oltre alla rivalità cittadina con il Gira (senza per questo dimenticare Moto Morini e Oare), ci sarebbero stati i faccia a faccia con Milano. Tanti secondi posti alle spalle delle scarpette rosse, interrotte solo nel biennio 1955-1956 dal trio Galliera, al secolo Achille Canna, Nino Calebotta e Mario Alesini.
Virtus abbonata al secondo posto, con Milano che scappa – l’Olimpia è arrivata già alla terza stella – e i bianconeri che vanno di rincorsa. Virtus che, dal 1956 al 1974 non vince più nulla, fino a quando Dan Peterson, scoperto per caso dall’avvocato Porelli (al quale in realtà era stato proposto un altro tecnico), proveniente dal Cile pre-golpe, scopre che la sua America è quella di Piazza Azzarita, dove il palasport viene pomposamente ribattezzato Madison. Perché siamo a Bologna, certo, ma almeno come impianti ci sentiamo pari a New York.
E la rivalità con Milano si riaccendo grazie a Peterson, nel 1979. Solo che Dan, con la benedizione di Porelli, ha lasciato le Due Torri per la Milano da bere. E sulla panchina della Virtus c’è Terry Driscoll. Finale scudetto con quella che viene chiamata la Banda Bassotti (il più alto, a Milano, non supera i 203 centimetri). I 210 di Kresimir Cosic, uniti alla sua classe cristallina, fanno la differenza: 2-0 e tutti a casa.
Virtus e Milano si ritrovano ancora nel 1984: sempre finale scudetto. Stavolta l’Olimpia ha dalla sua il campo. Ha pure Super Dino Meneghin. Il fattore campo salta tre volte su tre, però, fanno festa capitan Renato Villalta con Roberto Brunamonti. Che chiude gara-tre con una schiacciata (l’unica della sua carriera?).
In campo ci sono il Marine Bonamico, Jan Van Breda Kolff ed Elvis Rolle. In panchina, il genio, unito alle sue giacche sgargianti e alle immancabili bretelle, di Alberto Bucci. Titolo alla Virtus: il più bello perché porta la stella. Il più affascinante perché il custode del PalaDozza, Amato Andalò, accende il palazzo per illuminare lo sbarco dei campioni in Piazza Azzarita (impossibile dimenticare come protagonisti, Domenico Fantin, Piero Valenti e un giovane Augusto Binelli).
Da quel 1984 in poi, Virtus e Milano si sfiorano sempre. Si portano via giocatori, si scambiano allenatori (Djordjevic di qua e di là, Scariolo e Banchi pure, persino il Vate Bianchini fino, ovviamente, a Ettore Messina).
Rivalità sopita per più di trent’anni. Anche se, di mezzo c’è la semifinale del 2007 che porta la Virtus all’ultimo atto, contro Siena. Di là, appunto, ci sono Milano e un giovanissimo Gallinari. Altri incroci, Claudio Coldebella, Max Bulleri, Andrea Michelori, Fabio Di Bella, Bennett Davison. E, più recentemente, Pippo Ricci.
Rivalità sopita fino a quando Bucci, forse il regalo più bello alla sua città (oltre ai titoli conquistati), con la difesa-pressing migliore di tutti i tempi, ’attacca’ Massimo Zanetti e lo convince ad acquistare la Virtus.
Siamo nella seconda metà degli anni Dieci del Terzo Millennio: la Bologna bianconera si ribella (sportivamente parlando) alla potenza dell’Olimpia e di Giorgio Armani. Arriva Milos Teodosic. Ecco in rapida successione tre finali scudetto: nel 2021 vince la Virtus, nel 2022 e 2023 Milano. Poi sempre incroci per capire chi, in quel momento, sia il migliore in Italia.
In Europa, almeno adesso, classifica alla mano, non c’è partita: la Virtus di Luca Banchi ha vinto cinque gare su sette, l’Olimpia di Messina solo due.
In palio ci sono due punti. Sulla carta, però, perché in pratica questa sera vale doppio. Virtus contro Milano: l’eterna sfida tra le Due Torri e il Duomo non avrà mai fine.
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