Virtus, più di una maglia. Brunamonti dà la carica: "V nera, grande reazione per puntare allo scudetto»

"Mi rivedo in Pajola per l’attaccamento e l’orgoglio di giocare per questo club"

di ALESSANDRO GALLO
5 marzo 2025
"Mi rivedo in Pajola per l’attaccamento e l’orgoglio di giocare per questo club"

"Mi rivedo in Pajola per l’attaccamento e l’orgoglio di giocare per questo club"

C’è un filo, nemmeno troppo sottile, che lega Alessandro Pajola, capitan Futuro e Roberto Brunamonti. Domenica i tifosi della Virtus hanno dedicato uno striscione al regista anconetano. Più di trent’anni fa, una mano anonima, ma assolutamente bianconera, svitò il cartello ‘Piazza Manfredi Azzarita, capitano e partigiano’ per sistemarci al suo posto un ‘Piazza Roberto Brunamonti, capitano Virtus’. Ed è di Virtus che parliamo con Roberto Brunamonti, oggi responsabile del progetto Academy femminile che coinvolge under 15 e 16 d’Italia.

Roberto, come sta? "Abbastanza bene. Grazie". E la Virtus? "Reduce da una bella vittoria".

Lei regista di una Virtus del passato. Oggi, in quel ruolo, c’è Pajola. "Sono contento. E’ un aspetto che mi riempie d’orgoglio".

Rivede qualcosa di suo, in Pajola? "No, è un gioco che non funziona. Sono due epoche diverse. E ognuno ha le sue caratteristiche. Però…".

Dica. "Un aspetto in comune credo ci sia".

Quale? "L’attaccamento alla maglia. Ai colori bianconeri. Alessandro ha iniziato con quella maglia, è diventato grande con quei colori. Si vede quanto è legato alla Virtus. Per me era lo stesso".

In realtà, forse, c’è un altro punto di contatto. "Sarebbe?".

Lei divenne capitano della Nazionale, prima ancora di esserlo in Virtus. A Pajo potrebbe accadere lo stesso. "Per quello che mi riguarda era il 1988, credo. Più che storia (ride, ndr), forse preistoria. Comunque è vero. Potrebbe ripetersi. Pajola l’ho seguito fin dai primi tempi in nazionale. Anzi, ne ho accompagnato il debutto".

Le va dato atto di aver sempre creduto in Pajola. "Non ho scoperto nulla. Che avesse tutte le carte in regola per diventare un giocatore importante lo si era intuito".

In Virtus, intanto, il capitano è Belinelli. "Che ha quasi 39 anni. Ma una classe sopraffina. Contro Milano s’è fatto vedere e sentire".

Dica la verità. "La dico sempre".

Provò a portare Marco a Roma. “Sì. Anche se è una storia passata. Io ero andato a Roma, la Virtus era stata radiata. Parlammo con Marco e con il suo entourage".

Ma Savic e la Fortitudo – tarda estate 2003 – non avevano già fatto tutto? "C’era interesse da parte sua. Alla fine ha fatto la scelta migliore. E iniziato una carriera stupenda".

Nota meno lieta, magari, Holiday. "Aspetterei a dare giudizi definitivi".

Perché tanta prudenza? "Perché uno che non avesse valori, talento e testa non avrebbe potuto durare così a lungo nella Nba. Sta facendo fatica, questo è sotto gli occhi di tutti. Era fermo, è arrivato in un contesto con qualche problema. Ma è un ragazzo intelligente. Si è messo al servizio del gruppo. Credo che una mano possa darla".

Cosa dobbiamo aspettarci da questa Virtus? "Mi auguro che la proprietà, ovvero Zanetti, possa andare avanti. Garantendo quello che ha fatto in tutti questi ultimi anni. Che in Virtus significa investimenti, spettacolo, risultati".

Ma la Virtus può vincere lo scudetto? "Mi auguro, come è accaduto negli ultimi anni, che possa arrivare fino in fondo. Poi, quando sei in finale, la serie può cambiare per poco. Basta un episodio per cambiare una stagione".

Milano? "E’ lì, forte. Con il suo gruppo. E con i tre scudetti di fila. Ma intanto la Virtus, in campionato, si è portata sul 2-0".

Ottimista? "Il confronto della Segafredo Arena, di domenica, non era facile. Perché la Virtus veniva da alcune sconfitte. Perché magari c’era pure il tarlo legato alla Coppa Italia. La Virtus ha portato a casa il risultato. L’ha fatto bene, con personalità. Mettendo in campo orgoglio, determinazione. Senso di appartenenza".

E quindi? "Spero che possa ripetersi e continuare così. Ho detto che Pajola, forse, mi assomiglia per l’attaccamento alla maglia. Io, anche se ora non vivo più a Bologna, quella maglia e quei colori, non li ho mica dimenticati".

Quei colori, in fondo, sono la sua storia. Come ricordava quel cartello farlocco (oggi sarebbe definito ‘fake’): Piazza Roberto Brunamonti, capitano bianconero. Il cartello non c’è più. Ma il legame è rimasto. E se possibile è ancora più solido.

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