Alla faccia di privilegi e ricchi stipendi. Calciatori e scommesse, difficile compatirli. Non rispettano se stessi
Leo Turrini Chi è senza peccato scagli la prima pietra, d’accordo. E bisogna sempre diffidare dei moralisti in servizio permanente effettivo,...

Leo Turrini Chi è senza peccato scagli la prima pietra, d’accordo. E bisogna sempre diffidare dei moralisti in servizio permanente effettivo,...
Leo TurriniChi è senza peccato scagli la prima pietra, d’accordo. E bisogna sempre diffidare dei moralisti in servizio permanente effettivo, va bene. Però, insomma…Però, insomma, è impossibile restare indifferenti di fronte alle cronache giudiziarie dedicate alla poco nobile propensione per il gioco d’azzardo da parte di giovani ma già affermati calciatori. Affetti da ludopatia, certamente. Come tali, ci mancherebbe, da aiutare, incoraggiare, recuperare.Ma anche da compatire, accidenti. È mai possibile che chi ha il privilegio di guadagnare tanto (spesso tantissimo, eh) tirando pedate ad un pallone si butti poi via così? Possibile non abbia memoria dei sacrifici dei genitori o del disagio di coetanei che magari si sono laureati con lode e poi campano con stipendi da mille euro al mese? Qui non è questione di reati penali o di squalifiche sportive. Il tema, molto più banalmente, è il rispetto nei confronti di se stessi. Che qui latita paurosamente, in nome di un distacco dalla vita vera che lascia vagamente sgomenti. Enzo Bearzot, calciatore di serie A prima di diventare ct campione del mondo, conosceva a memoria i classici latini, da Orazio a Ovidio. Forse c’è una via di mezzo, prima di finire a leggere solo le quote delle scommesse.
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