Bologna-Juve: il pubblico del Dall’Ara può fare la differenza, dice Maifredi
Gigi Maifredi elogia il Bologna di Italiano e riflette sulle sfide di Coppa Italia e Champions League.

Gigi Maifredi elogia il Bologna di Italiano e riflette sulle sfide di Coppa Italia e Champions League.
Bologna-Juve? "La può vincere il pubblico del Dall’Ara". Italiano? "Stagione fantastica, ma guai se pensasse di andare via a giugno". Il flop di Motta alla Juve? "Storia diversa dalla mia, però è stato lasciato solo".
Gigi Maifredi ha appena tagliato il nastro dei 78 anni ma gli si fa un torto a ricordare l’anagrafe. Le intuizioni (e le stilettate) fluiscono sempre a getto continuo in una chiacchierata con l’uomo che sembra solo appena un po’ più ingrigito rispetto al ‘Penna Bianca’ che quasi quarant’anni fa sedusse una città intera col suo irripetibile calcio champagne.
Maifredi, ma nel calcio il ripetibile esiste?
"La cosa più difficile è proprio ripetersi dopo una grande annata. Sono curioso di sapere se a luglio esisteva qualcuno in grado di immaginare che chi aveva preso il posto di Motta dopo una stagione super avrebbe non solo ripetuto i successi del predecessore ma addirittura fatto meglio. E invece...".
Sa di champagne anche il calcio made in Vincenzo.
"Veder giocare il suo Bologna è un bel vedere. Bravo Sartori, che anche quest’anno ha preso i giocatori giusti. E bravissimo Italiano ad assemblare un Bologna che è solido, gioca un bel calcio e va sempre mille all’ora".
A Udine veramente no.
"Ok, gli ho visto fare partite migliori: ma ci sta di non essere sempre al top. La stagione del Bologna, comunque finirà, è fantastica".
Nel giudizio peserà anche l’esito della finale di Coppa Italia col Milan.
"Il Milan ha giocatori che, se si ricordano di essere i fuoriclasse che sono, la partita la possono vincere in qualsiasi momento. Sul piano tecnico è favorito ma in una partita secca tutto può succedere".
Bologna domenica sperava di sfidare Motta e invece arriva Tudor. A proposito di insuccessi in bianconero: ci sono analogie tra la caduta di Thiago e la sua nel 1990-91?
"Nessuna. Io fui chiamato alla Juve per fare una rivoluzione, Motta doveva solo portare le sue idee in un gruppo che aveva già valori tecnici importanti. Lui aveva trenta giocatori, io quattordici. E il più forte dei quattordici era uno che non avrebbe mai voluto indossare la maglia della Juve".
Allude a Baggio.
"Sì: a Firenze gli avevano inculcato l’odio per la Juve. Con me peraltro fu eccezionale, non posso che parlarne bene. Un fenomeno che in carriera è stato vittima dei modulisti, in primis Sacchi: voler fare il 4-4-2 con Baggio non esiste".
Torniamo al Thiago bianconero.
"Pensava di fare il copia e incolla di Bologna. Ma a Bologna aveva tre allenatori in campo: Freuler, Ferguson e Aebischer. A Torino invece è stato lasciato solo: davanti ai microfoni ripeteva di avere il sostegno di Giuntoli ma all’atto pratico non lo ha aiutato nessuno. E invece l’allenatore avrebbe sempre bisogno di un consigliere tecnico".
Lei a Torino chi aveva?
"Governato, con cui avevo già lavorato a Bologna. Ma Nello era un buono: mi sarebbe servito uno più duro con cui confrontarmi".
Perché Italiano è entrato nella pelle dei bolognesi?
"Perché è una persona semplice: ma dietro questa semplicità c’è tanta sapienza calcistica. Mi piacerebbe un giorno fare un salto a Casteldebole per conoscerlo".
Italiano piace anche alla gente che piace.
"Ma non gli conviene minimamente andare rischiando di bruciarsi: la vicenda di Thiago insegna. Lui deve stare a Bologna due-tre anni e poi se continua a fare benissimo può andare dove vuole".
Bologna-Juve vale un bel pezzo di Champions.
"Domenica la gioca anche il pubblico del Dall’Ara. Vedo un coinvolgimento, una partecipazione, un affetto che è davvero il dodicesimo uomo in campo". Intanto il ‘suo’ Ospitaletto è stato promosso in C, dove mancava da 27 anni. Nell’estate del 1987 tutto cominciò da lì.
"E dire che quella promozione in C1 Corioni non l’aveva nemmeno programmata. Il ‘Pres’ veniva da due stagioni in cui aveva speso invano un sacco di soldi per salire di categoria, così pensò di prendere un allenatore della zona e di giocare al risparmio. In estate vendette quasi tutti, fuorché Gilardi e io ebbi la fortuna di trovare i vari Cusin, De Marchi e Monza. Quando l’estate dopo li ho portati tutti con me al Bologna a Ospitaletto ho fatto ricco non solo Corioni ma anche tutti i suoi soci. Dovrebbero intitolarmi una strada".
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