Bologna, un eroe Italiano. Il grande protagonista della Storia. Ha fatto innamorare una città intera. Manca solo il lieto fine del rinnovo
Il tecnico è il grande artefice della Coppa Italia. Il popolo rossoblù stregato dal suo calcio passionario. A Casteldebole spingono per la firma: lui apre la porta, ma chiede garanzie tecniche (che arriveranno).

Il tecnico è il grande artefice della Coppa Italia. Il popolo rossoblù stregato dal suo calcio passionario. A Casteldebole spingono per la firma: lui apre la porta, ma chiede garanzie tecniche (che arriveranno).
La passione sanguigna. La feroce organizzazione tattica. Il coraggio di chi osa sempre azzannare l’avversario alla gola, sapendo che ogni atto di coraggio contempla anche dei rischi. E poi: il noi al posto dell’io, la sacralità del gruppo, l’aziendalismo che non è accondiscendenza ma pungolo per il futuro, l’empatia con la piazza e quei tratti da allenatore/primo tifoso che ieri mattina, quando l’orologio della stazione segnava la cinque, lo hanno portato a coccolarsi la Coppa appena conquistata nel catino di gloria dell’Olimpico stringendola al petto con la felicità di un bambino.
Se potesse Vincenzo Italiano la porterebbe anche domenica sulla panchina del Franchi, per dimostrare ai fiorentini che gli rinfacciavano le tre finali perse che la storia a volte fa strane giravolte ma alla fine rende sempre onore al merito.
Nel dubbio ieri il sindaco Matteo Lepore ha annunciato che gli consegnerà il ‘Nettuno d’Oro’. Vincenzo Italiano da Ribera: come fai non voler bene a un tipo così? Ma soprattutto: come fai a non legarlo alle Due Torri facendone il centro di gravità permanente in panchina di un ciclo vincente? Le grandi manovre a Casteldebole sono cominciate da settimane, una bella accelerata l’ha data la storica vittoria della Coppa e tutto sembra apparecchiato per il prolungamento del contratto (che gli scade tra un anno). Sorprese non ce ne saranno: semmai richieste, più che legittime, di garanzie tecniche per un futuro di gloria.
Azzardiamo il più che probabile (e condivisibile) ragionamento di Italiano: un anno fa mi sono accollato il rischio di ereditare un Bologna che era tornato in Champions dopo sessant’anni, l’ho fatto nonostante sapessi che la squadra in estate avrebbe perso Calafiori, Zirkzee e Saelemakers, il risultato è stato la conquista di un trofeo che a Bologna mancava da mezzo secolo, il minimo che adesso posso chiedere è una squadra all’altezza delle rinnovate ambizioni.
Gliela darà Saputo, che dieci anni fa prendeva le redini del Bologna quando un Italiano all’alba della sua carriera di allenatore affilava gli attrezzi del mestiere alla guida degli Allievi della Luparense San Paolo, club dilettantistico della provincia di Padova. Fu lì che Italiano capì che sedersi in panchina (anche se seduto non ci sta mai) sarebbe diventato il suo mestiere.
"La Luparense giocava in serie D – ha raccontato il tecnico in una recente intervista – e il giovedì faceva la partitella con noi degli Allievi. In campo vedevo che le cose che avevamo preparato in settimana ci riuscivano: in quel momento ho capito che allenare era la strada giusta". Da San Paolo (la Luparense) a San Pietro (che sorge non lontano dall’Olimpico) il passo è stato breve ma il percorso ha assunto i tratti della gavetta vera. Vittoria del campionato di D nel 2016-17 con la Luparense Vigontina, esperienza altamente formativa con l’Arzignano Valchiampo, poi il salto in C1 al Trapani con annessa promozione in B conquistata ai playoff nel 2018-19, preludio dello storico approdo in A dello Spezia (2019-20), con tanto di successiva salvezza. Quindi la Fiorentina, condotta per mano a tre finali. Una delle tre gli andò di traverso due anni fa con l’Inter proprio sul prato dell’Olimpico e anche allora era Coppa Italia. Oggi che Vincenzo quella Coppa l’ha alzata al cielo anche Firenze forse capirà cosa s’è persa.
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