Da Italiano a Orso: Bologna nazional popolare. E una città intera torna a sognare un trofeo
Dopo lo 0-3 di Empoli, rossoblù vicinissimi a una finale di Coppa Italia che manca dal 1974. L’ultimo titolo vinto? L’Intertoto del ’98

Vincenzo Italiano applaude i 5.000 tifosi rossoblù presenti a Empoli (Schicchi) Sotto, Remo Freuler e Riccardo Orsolini: due tra i leader di questo Bologna
Toc toc, Italia: c’è un Bologna che può rifare la storia. Italia nel senso di Coppa Italia, la cui finale di Roma (la data fatidica è il 14 maggio) il Bologna di Vincenzo Italiano l’ha ipotecata martedì notte al Castellani polverizzando ciò che restava dell’Empoli con lo stesso impatto che potrebbe avere un carrarmato su un vassoio di uova.
Toc Toc Italia è anche un messaggio nemmeno troppo velato al cittì azzurro Luciano Spalletti, che martedì notte ha risposto con un sorriso sornione, in tribuna, al gol di Orsolini che ha dato il la all’overture rossoblù. Troppo signori i tanti bolognesi presenti nella tribuna di Empoli per chiedere conto al selezionatore dell’ostracismo nei confronti dell’Orso.
La domanda però resta: può il commissario tecnico della nazionale continuare ad ignorare il capocannoniere rossoblù (già 13 gol in stagione, come nel 2022-23) solo perché nel 3-5-2 Orsolini non è di immediata collocazione tattica? Ne dubitiamo.
Se conosciamo Vincenzo Italiano nella querelle non metterà mai becco, perché il rispetto nei confronti delle scelte di un collega è uno dei primi comandamenti del suo vangelo di allenatore.
Del resto ha ben altro di grande a cui pensare il demiurgo di un Bologna che in campionato è saldamente quarto e dunque in piena zona Champions e che adesso è anche a un passo dal giocarsi una finale di Coppa Italia a 51 anni di distanza dall’ultima. Anche allora l’erba era quella dell’Olimpico e il Bologna di Pesaola alla fine la calpestò da vincitore, nonostante l’ombra del ‘rigorino’ di Arcoleo su Bulgarelli (una furbata, a detta degli stessi protagonisti rossoblù) che al 90’ consentì a Savoldi di mandare Bologna e Palermo ai supplementari e quindi nuovamente ai rigori, fatali ai siciliani.
Nei successivi cinquantuno anni l’unico trofeo che ha trovato posto nella bacheca di Casteldebole è stata la Coppa Intertoto nel 1998.
Da qui si coglie perfettamente il motivo per cui una città intera martedì notte si è riversata al Castellani: cinquemila anime in festa che hanno fatto baldoria al ritorno trasformando l’incubo dei cantieri dell’A1 in un sogno da vivere a occhi aperti. Sono gli stessi bolognesi che dopo il 3-0 del primo atto, sentendosi la finale ormai in tasca e considerando una pura formalità la gara di ritorno del 24 aprile al Dall’Ara, in queste ore stanno dando l’assalto a treni e hotel in attesa di poter mettere le mani sull’agognato biglietto. Anche perché la cornice dell’Olimpico, che l’avversario in finale il 14 maggio sia l’Inter o il Milan, evoca la data più iconica di tutte a queste latitudini: 7 giugno 1964, spareggio vinto per 2-0 con l’Inter e settimo scudetto cucito sul petto.
Dici finale a un passo e non puoi non pensare che per Vincenzo Italiano sarebbe la quarta conquistata dal 2023. E pazienza se le tre agguantate con la Fiorentina (due di Conference League e una di Coppa Italia) sono finite nel peggiore dei modi: nel giudizio di un allenatore che si guadagna quattro finali in due anni non potrà mai pesare di più l’esito dell’ultimo atto. Conta di più il percorso, che in questo 2025 per il suo Bologna è stato quasi un percorso netto. Lunedì in campionato col Napoli cominciano le montagne russe. Ma questo Bologna oggi non può temere nessuno.
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