Il Bologna si gode il danese. Guarda come ‘Dondolo’:. Odgaard e le reti d’autore
Jens sulla strada di Nielsen che fu uno dei protagonisti dell’ultimo scudetto. Il vichingo attuale è più operaio. E’ stato Italiano a lanciarlo come trequartista.

Jens sulla strada di Nielsen che fu uno dei protagonisti dell’ultimo scudetto. Il vichingo attuale è più operaio. E’ stato Italiano a lanciarlo come trequartista.
Quattro gol a poco più della metà del cammino, che sono già il doppio dei 2 segnati nella sua prima stagione in rossoblù (quando però esordì a febbraio). Fossero solo i gol a fare la fortuna di Jens Odgaard e di chi lo allena: in verità c’è molto di più.
C’è la capacità di essersi reinventato ‘trequartista’ (bravo Italiano che ha avuto l’intuizione a ottobre sfruttando la pausa delle nazionali), c’è la duttilità di chi fa egregiamente il suo anche quando lo dirotti in fascia e c’è l’attitudine al sacrificio che lo trasforma in un difensore aggiunto nella fase di non possesso palla.
Se a tutto questo aggiungi i colpi da biliardo di chi col Monza si è concesso un controllo e tiro al volo, senza passare dal manto (un po’ sofferente) del Dall’Ara, che sabato ha messo il suggello alla rimonta rossoblù allora il repertorio è completo. Un gol alla Harald Nielsen? E’ sempre pericoloso scomodare i numi tutelari del passato, ma da un punto di vista formale l’accostamento ci sta. Che poi Odgaard abbia i natali in Danimarca esattamente come il ‘Dondolo’ capocannoniere rossoblù nell’anno del settimo scudetto, è solo un intreccio di geografia.
Che ci sia del buono in Danimarca il Bologna se n’era accorto già nel dopoguerra, quando fondò le sue fortune anche sull’asse di ferro danese di centrocampo, il duo formato da Axel Pilmark e Ivan Jensen.
Poi è venuto ‘Dondolo’, entrato dalla porta principale nel museo della storia. E oggi c’è Odgaard, il danese il cui rendimento sta andando al di là delle più ottimistiche previsioni, bilanciando le grandi aspettative, poi andate in fumo, che nel 2019 accompagnarono l’arrivo del connazionale Skov Olsen.
La consacrazione di Odgaard è una lezione per tutti: in Serie A non basta avere il talento (e Skov Olsen certamente ne ha, come dimostra il suo percorso al Bruges con annesso recentissimo trasferimento al Wolfsburg), tocca anche mettere in campo quella ferocia e quell’applicazione che in uno dei campionati più difficili del mondo spesso fanno la differenza.
In tal senso Odgaard è la classe operaia che va in paradiso, l’attaccante duttile che declina il noi al posto dell’io, l’universale che si sporca i calzoncini quando occorre pressare, ma che non rinuncia alle giocate d’autore, in virtù di due piedi educati che glielo consentono.
I gol, per l’appunto: 2 la scorsa stagione, già 4 oggi. La somma fa 6, ma va perimetrata sui dodici mesi, perché Odgaard fu pescato da Sartori e Di Vaio nel ricco ‘laghetto’ dell’Az Alkmaar esattamente un anno fa, nella finestra di mercato di gennaio. Il prestito a giugno è diventato acquisto a titolo definitivo in cambio di 4,5 milioni finiti in Olanda: soldi ben spesi visti il cammino del classe 1999 di Hillerod.
Da quando col Genoa a ottobre Italiano gli ha dato una maglia da titolare, in campionato Jens non se l’è più sfilata di dosso: sono già 13 le titolarità consecutive. In Champions League invece è tutto un altro film, perché delle 6 partite fin qui giocate dai rossoblù tre Odgaard le ha viste dalla panchine e le altre tre lo hanno visto scendere in campo solo dopo l’intervallo e mai da protagonista. Chissà che domani notte col Borussia Dortmund non arrivi la sua prima maglia da titolare in Champions. Quanto a ‘Dondolo’, anche a lui da lassù non dispiacerà rivedere, sessant’anni dopo, un danese che fa breccia nel cuore dei bolognesi.
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