Il Bologna tutti i Santi giorni, Castro: “La Champions, i gol e i tifosi. Il mio primo anno indimenticabile. Qui sono felice, sogno la Coppa”

Santiago fa un bilancio: "Questo club la mia scelta migliore. Sabato a Parma per vincere e restare in alto"

di GIANMARCO MARCHINI
20 febbraio 2025
Il Bologna tutti i Santi giorni, Castro: “La Champions, i gol e i tifosi. Il mio primo anno indimenticabile. Qui sono felice, sogno la Coppa”

Bologna, 20 febbraio 2025 – Davanti a casa di Santiago, a Casalecchio, c’è una scuola primaria. "Quando torno dall’allenamento, trovo i bimbi che mi aspettano: è bellissimo. Nei giorni liberi, capita che vado in balcone e mi accorgo che sono tutti alla finestra. Le maestre devono chiudere le tende, sennò non possono fare lezione".  Santiago Castro parla il calcio come un bambino: gli occhi che brillano, il sorriso che esplode. Il pallone come un mappamondo: con un dito puoi volare dall’Argentina all’Italia. Così il figlio del barrio Liniers, spicchio di quella grande manzana che è Buenos Aires, ha preso una valigia che tracimava di sogni ed è partito. Dal primo giorno a Bologna Santi ha dato l’impressione di essere qua da sempre: un minuto prima non c’era, un minuto dopo era uno di loro. E’ passato già un anno, eppure sembra una vita. Perché quelli come lui vanno più forti del tempo: troppa fame per aspettare il futuro.

Castro fa un bilancio: "Questo club la mia scelta migliore. Sabato a Parma per vincere e restare in alto"
Castro fa un bilancio: "Questo club la mia scelta migliore. Sabato a Parma per vincere e restare in alto"

Castro, a vent’anni cosa la spaventa della vita?

"Ho paura di perdere i miei cari. Mi spaventa tutto ciò che non posso controllare".

E in campo?

"Dentro al campo non temo nulla: posso prendere un pallone, non prenderlo, ma non entro mai con paura, perché giocare è quello che voglio fare. Mi arrabbio, piango, sono felice: il calcio è la mia vita, non posso averne timore".

Un anno a Bologna: che anno è stato?

"Bellissimo. Ho visto il mio mondo stravolgersi, ho cambiato tutto: vita, squadra, allenatore, città. Ma sono molto contento di essere qua, è stata la scelta giusta".

Al Velez raccontano che lei ha sempre avuto le idee chiare.

"Sì, c’erano quattro club che mi volevano: Fiorentina, Genoa, Bologna e una squadra di Premier. Ma due fattori hanno fatto la differenza: la possibilità di andare in Champions, ma soprattutto il modo in cui mi hanno fatto sentire Marco, Giovanni e Claudio (Di Vaio, Sartori e Fenucci, ndr). E’ prevalso il lato umano: mi telefonavano non per parlare di contratti, ma per sapere come stavo".

Scelga tre fotografie di questi dodici mesi.

"Uff, difficile. Nella prima metto la fiesta Champions in piazza Maggiore e il debutto con lo Shakhtar. Poi la vittoria storica col Borussia e, infine, il gol all’Atalanta che ci ha riportato in semifinale di Coppa Italia dopo ventisei anni". A proposito, ma come diavolo ha fatto a non farsi male cadendo dalle scale mentre si buttava tra le braccia dei tifosi? "Non lo so come ho fatto (ride, ndr). Con l’adrenalina del momento non ho sentito nulla".

La cosa, invece, più dolorosa di questo anno?

"Stare lontano dalla famiglia: fare a meno dei miei cari e dei miei amici è difficile. Per fortuna qui c’è anche Augustina, la mia ragazza. Anche se è tornata una settimana fa in Argentina, quindi sono solo. Ma questo mi ha fatto crescere tanto come uomo. Devo badare a me stesso, pulire casa, fare la spesa. Ho imparato anche a cucinare".

E cosa? Sentiamo.

"Molta carne, pollo soprattutto, e riso. La pasta mi piace, ma la sera non la mangio mai: devo rispettare una dieta da atleta. Solo il giorno della partita mangio la pasta".

Quanta fame vi ha lasciato la Champions?

"Davvero tanta. Mi manca mucho quell’atmosfera, vorrei riviverla subito. Ma la Champions è finita per noi, non possiamo perderci in questi pensieri: dobbiamo concentrarci su campionato e Coppa Italia".

Però, vedere Milan e Atalanta uscire in quel modo…

"Ne abbiamo parlato nello spogliatoio. Sappiamo che i playoff erano alla nostra portata: con Feyenoord e Bruges ce la saremmo giocata. Se guardiamo alle nostre gare in Europa, sono state tutte di livello. Peccato. Comunque abbiamo tifato per le italiane. Anche per via del ranking, ovviamente".

Già, i posti rischiano di diventare solo quattro. A cosa può puntare il Bologna?

"L’obiettivo è uno: tornare di nuovo in Europa. Però non lo so, dico sempre che è meglio vedere di gara in gara. Abbiamo perso punti importanti a Empoli e a Lecce".

E sabato si va a Parma.

"I tifosi in questi giorni ci hanno fatto sentire che è un derby. Dobbiamo fare di tutto per vincere e restare vicini alle prime quattro-cinque squadre".

Giovedì poi arriva il Milan, con un altro Santi: Gimenez.

"Non lo conoscevo prima, ma è un centravanti molto forte. Coi rossoneri sarà una gran partita. Ma dovranno stare attenti anche loro: in casa siamo una squadra difficile da sfidare. La vivremo come una partita di Champions, il mister ce lo dice sempre".

Che rapporto ha con Italiano?

"Sono felice di averlo, è un tecnico molto bravo. Mi ha aiutato a cambiare la mia testa e il mio gioco, a essere più cattivo. Faremo grandi cose con lui".

Ma lei che obiettivo personale si è dato?

"L’obiettivo me l’ha dato Lollo (De Silvestri, ndr). In estate mi ero fatto i capelli biondi e lui mi ha detto: ora fai un patto con me, devi arrivare a 12 gol tra tutte le competizioni. Sopra il mio posto nello spogliatoio abbiamo attaccato una striscia di carta con 12 quadratini: a ogni mio gol, lui arriva con le forbici e taglia".

Il quadratino contro l’Atalanta è il più importante della sua giovane carriera?

"Quello di Bergamo è il secondo più importante. Il primo resta ancora il gol segnato al Colòn che regalò la salvezza al Velez. Il Velez resterà sempre il mio primo amore, diverso da tutti gli altri".

In semifinale di Coppa vorrebbe la Juventus o l’Empoli?

"E’ uguale. Dovremo giocare allo stesso modo, con l’una o l’altra". Però da una parte c’è Thiago… "E’ uguale. Dobbiamo battere tutti. Ho parlato con lui dopo la sfida di Torino: mi ha fatto i complimenti, mi ha detto di continuare così".

Qual è stato il momento calcisticamente più duro di questi dodici mesi?

"Dopo il Verona. Avevamo fatto una grande gara con un uomo in meno e io ho rovinato tutto con quell’autogol. Abbiamo avuto quattro-cinque giorni liberi e sono andato via con Augustina per staccare. Ma ero arrabbiatissimo: non avevo voglia di niente, sono stato quattro giorni con la faccia arrabbiata. Mi è passata davvero una volta tornato ad allenarmi: volevo spaccare il mondo".

Chi era il suo idolo da ragazzo?

"Quando ho iniziato a seguire il calcio, Milito dell’Inter. Poi Pratto del Velez, con cui ho anche giocato. E ovviamente Lautaro".

Due su tre sono nerazzurri: lei se le cerca. Sa che l’Inter la segue?

"Io non ci penso. La posso prendere come motivazione, sì, ma devo concentrarmi solo sulla mia squadra, a fare bene qua. La classifica e la Coppa Italia sono i miei unici pensieri fissi. Non posso sprecare energie in altro".

Ma qualche sogno lo avrà…

"La Nazionale, tornare in Europa e vincere qualcosa con il Bologna". Si vede in rossoblù a lungo? "Non lo so, non si sa mai nel calcio. Quel che so è che qui sono molto felice, con la città, con il club. Mi piace quando giro, i tifosi che mi fermano. E’ davvero un bellissimo ambiente Bologna".

Le manca giusto la famiglia.

"Penso che non li rivedrò fino a fine stagione e mi rattrista. A gennaio sono stati qua quindici giorni, poi sono dovuti partire, ci sono il lavoro e la scuola. Mi mancano tutti: mamma Paula, papà Dario, i miei fratellini Ramiro, di cinque anni e Gonzalo di quattordici. Giocano a calcio anche loro. Ramiro parla tutto il tempo di Bologna: ha tre magliette, i pantaloncini, il pallone. Li sento con le videochiamate due-tre volte a settimane".

Suo padre è stato un ex centrocampista: le dà molti consigli?

"Tante volte mi rimprovera. Mi dice: ‘Che partita hai fatto, Toto? Non puoi giocare così, devi essere più cattivo, devi pressare’".

E lei cosa risponde?

"Noi sappiamo che dopo la gara è meglio non parlarci: mi rilasso e il giorno dopo se ne discute. In fondo, papà mi rimprovera le stesse cose di Italiano: non la scampo".

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