Italiano, l’asso di Coppa. "So cos’è la finale a Roma. La strada è ancora lunga. Ma ho ragazzi fantastici»

"Sapevamo di poter fare la storia. E siamo stati bravi a prenderci la vittoria. La Champions ci ha aiutato, perché ha finito per alzare il nostro livello. Il nostro segreto? Tutti si sentono coinvolti e nessuno si tira mai indietro".

di MASSIMO VITALI
5 febbraio 2025
"Sapevamo di poter fare la storia. E siamo stati bravi a prenderci la vittoria. La Champions ci ha aiutato, perché ha finito per alzare il nostro livello. Il nostro segreto? Tutti si sentono coinvolti e nessuno si tira mai indietro".

"Sapevamo di poter fare la storia. E siamo stati bravi a prenderci la vittoria. La Champions ci ha aiutato, perché ha finito per alzare il nostro livello. Il nostro segreto? Tutti si sentono coinvolti e nessuno si tira mai indietro".

"Sapevamo di poter fare la storia. E siamo stati bravi", dice Vincenzo Italiano. Bravi è dire poco. Il Bologna vola laddove aveva volato per l’ultima volta nel 1999, quando con Carletto Mazzone approdò alla doppia semifinale di Coppa Italia con la Fiorentina.

Italiano in Coppa Italia ci ha addirittura giocato una finale, perdendola: ma conosce il sapore di quei viaggi quasi irripetibili.

"Giochi a Roma, con metà stadio invaso dai tuoi tifosi e l’altro mezzo dagli avversari – dice quasi socchiudendo gli occhi –. Sarebbe bellissimo, ma prima c’è una semifinale da giocare".

Intanto i suoi ragazzi hanno giocato e vinto sontuosamente un quarto di finale con l’Atalanta: roba che anche solo a rileggersi vengono i brividi.

"Le partite della Champions ci hanno fatto crescere tanto – è la premessa dell’allenatore –. Ma questa notte il focus era su questa partita. Questa vittoria l’abbiamo cercata, l’abbiamo voluta: sapevamo che c’etra la possibilità di fare la storia e questa possibilità l’abbiamo colta. Ci siamo riusciti soffrendo e creando tanto, in coda a una partita in cui tutti hanno dato il loro contributo".

Uno più di tutti: Santiago Castro. "Sì, siamo stati premiati dal suo gol – aggiunge –. Del resto quando uno entra dalla panchina con quell’atteggiamento tutto diventa più facile. Ma tutti quelli che ho messo dentro nel finale sono stati all’altezza. Era una partita che ha fatto spendere alle due squadre molte energie e nel finale c’era bisogno di mettere dentro forze fresche. Chi è entrato ha dato una grande mano, a livello di corsa e di atteggiamento".

Gli chiedono quale sia il segreto di un Bologna che è riuscito nell’impresa più impensabile: far dimenticare perfino lo imprese di Thiago Motta, che una vittima eccellente la scorsa stagione in Coppa Italia la fece, l’Inter di Simone Inzaghi, ma che poi dovette arrendersi ai quarti proprio alla Fiorentina di Italiano.

"Il segreto è la grande serietà e professionalità che ho trovato nell’ambiente di Bologna – spiega –. Qui ho trovato anche un gruppo che aveva fatto grandi cose ma che è animato dalla voglia di continuare a crescere. A inizio stagione abbiamo avuto qualche difficoltà ma poi siamo venuti fuori e adesso ci godiamo il momento. La cosa è bella è che in questa squadra tutti sono coinvolti, tutti sono partecipi".

Sembra un sogno che si avvera mentre sul prato del Gewiss Stadium riecheggiano i cori dei millequattrocento bolognesi, che tra un po’ rischiano di toccare con mano il concretizzarsi di un altro sogno: incrociare nella doppia semifinale l’inviso Thiago Motta.

"Una finale di Coppa Italia l’ho giocata, so cosa vuol dire – chiosa Vincenzo –. Il sogno sarebbe ritornarci". Intanto si gode una notte colorata di rossoblù.

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