Bruno Pizzul, telecronista di razza a cui è mancato solo l’urlo “campioni del mondo”
Friulano di frontiera e discreto calciatore da giovane, fu lui a raccontare all’Italia la notte orrenda dello stadio Heysel 40 anni fa
Roma, 5 marzo 2025 – Ci saremmo dovuti sentire per una intervista. Purtroppo la clessidra della vita stava per scadere. Ma, per usare una frase del suo repertorio, è stato “tutto quanto molto bello” nell’esistenza di Bruno Pizzul, spentosi a pochi giorni dall’ottantasettesimo compleanno. Signore sul lavoro e nelle relazioni quotidiane, penso che Bruno molto dovesse alle sue origini di atleta. In gioventù era stato un calciatore di discreto livello e dunque aveva imparato in fretta come la competizione potesse essere pure lezione, sotto forma di sconfitta.

Diventato telecronista Rai, si fece riconoscere per la voce mai alterata sin dal primo mondiale: Messico 1970, c’erano Martellini e Carosio, lui narrava le partite del gruppo D, quello che riguardava Germania Ovest, Perù, Bulgaria e Marocco. Ufficialmente aveva debuttato con un match di Coppa Italia tra Juventus e Bologna: ma indiscutibilmente sarebbero stati i Mondiali, con l’Italia in campo, a renderlo compagno rassicurante di milioni di connazionali. Lo dico? Lo dico: è un peccato che a Bruno la sorte abbia sottratto il piacere di gridare “campioni del mondo” a nome degli Azzurri. Infatti nel 1982 in Spagna al microfono c’era ancora il bravissimo Martellini. Pizzul gli subentrò nel 1986 e chi c’era ricorda il filo di sgomento che gli uscì dalla gola per la delusione del 1990 a Napoli contro l’Argentina di Maradona e per il rigore fallito da Baggio in America nel 1994. E nel 2006 era già in pensione. Ma non importa: friulano di frontiera, Bruno era forse persino più adatto a raccontare Ettore, mica Achille. E dubito si sia mai ritrovato nelle narrazioni ansiogene dei suoi successori. Ma qui mi fermo, perché la nostalgia è cattiva consigliera. Infine. Infine, per ultimo ho tenuto l’episodio che rende testimonianza della grandezza dell’amico Bruno. C’era lui 40 anni fa all’Heysel, quando la furia assassina dei fans del Liverpool massacrò decine di juventini. Fu Pizzul a governare in modo nobilmente tragico il flusso di informazioni per migliaia e migliaia di famiglie in angosciosa attesa nelle loro case, in Italia. Parlai con lui di quella notte orrenda, una volta che ci diedero un premio assieme. Fu commovente ascoltarne la ricostruzione dell’evento, la sofferenza interiore, la necessità di continuare a lavorare, in nome di un dovere morale, non solo professionale. Bruno Pizzul è stato un grande italiano.
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