Champions, un tracollo tira l’altro. Flop Juve in Borsa: big di A dominate

Ieri -12% per il titolo bianconero, da dieci anni non portavamo una sola squadra agli ottavi di finale

di PAOLO GRILLI
21 febbraio 2025
Khephren Thuram, 23 anni: la Juve a Eindhoven ha mostrato ancora grandi limiti

Khephren Thuram, 23 anni: la Juve a Eindhoven ha mostrato ancora grandi limiti

Come dopo ogni disastro propriamente detto, si contano i danni. L’Italia pallonara si lecca le ferite e si interroga, dopo la triplice uscita di scena ai playoff di Champions: una tempesta perfetta si è abbattuta su Milan, Atalanta e Juve, con l’Inter – unica supersite della Serie A tra le prime sedici squadre d’Europa – a dover difendere ora sul campo l’onore di un movimento (ri)scopertosi fragile, se non inadeguato, sul palcoscenico continentale più importante.

Facile immaginare che l’identificazione dei padri della débacle collettiva non sarà agevole. Thiago Motta, per dire, ha già fatto sapere che rifarebbe le stesse scelte dovesse rigiocare la gara contro un Psv che ha dominato la Signora nella ripresa e nei supplementari.

La caduta di Eindhoven non costa alla Juventus solo i mancati undici milioni aggiuntivi che il pass per gli ottavi avrebbe garantito: ieri il titolo è crollato in Borsa del 12%: più di cento i milioni di capitalizzazione bruciati per una sconfitta che ridimensiona i piani del club. E l’euforia per l’ingresso di Tether (+24% in una settimana) si è sostanzialmente dimezzata, a livello di capitalizzazione, nel giro di poche ore. Cifre che rendono quasi secondario persino il deprezzamento di Vlahovic, giocatore su cui il club aveva puntato quasi tutto e che in estate, salvo sorprese, sarà ceduto con una pesante minusvalenza. Sul bagnato piove così tanto che quasi grandina: Renato Veiga, uscito zoppicando mercoledì, ha riportato la lesione del tendine plantare gracile della gamba destra e il suo recupero non richiederà meno di due settimane.

Intensità, spregiudicatezza, capacità di colpire: tutte voci che hanno visto i bianconeri soccombere agli olandesi, il cui valore complessivo della rosa è per Transfermarkt pari a 347 milioni, poco più della metà di quello della Juve (645). Gli ingaggi totali della Signora sono poi quattro volte superiori a quelli di Perisic e compagni. Quanto alle spese di mercato, i tulipani si sono limitati a 34,5 milioni in questa stagione, laddove la Signora ne ha sborsati 193.

Un confronto paradossale, col campo che mercoledì ha impietosamente ribaltato i valori fissati dal grande business del pallone. E per la Juve l’alibi dell’inesperienza nemmeno può contare: se è per quello, anche il Feyenoord che ha mandato il Diavolo all’inferno era infarcito di riserve. Per il Milan, una caduta inattesa quanto quella della Dea, sovrastata dal Bruges negli aspetti che più le sarebbero congeniali: pressing, verticalità, ritmo. L’inappropriato sfogo di Gasp con Lookman è l’emblema di una doppia serata unificata da rabbia e frustrazione.

Da dieci anni non portavamo una sola squadra agli ottavi di Champions (Juve, 2014-2015). Sarà durissima, per questioni di ranking, qualificarne ancora cinque nella prossima edizione. Vola invece la Premier con un solo club uscito dalle Coppe, idem la Spagna. In Inghilterra, si segna mezzo gol a partita più che da noi (3,15 contro 2,64): qualcosa vorrà dire. Dal rapporto Cies, la squadra di A che meglio figura in Europa per tiri in porta e possesso palla nei 5 top campionati è l’Inter – non a caso – che però è solo solo dodicesima e ottava, rispettivamente, nei top 5 campionati. Le statistiche sanno essere spietate, molti non le considerano all’inizio dei tornei, quando bisogna fare proclami.

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