I 60 anni del campione bergamasco. Donadoni, quel talento cresciuto a Zingonia "Successi e momenti difficili, non ho rimpianti»
Tutto cominciò con la Dea poi la svolta nel 1986. Fu il primo acquisto. del Milan di Berlusconi.

Una carriera quasi interamente dedicata al Milan, collezionando successi a raffica e vincendo praticamente tutto ciò che c’era da vincere. Roberto Donadoni, che un certo Michael Platini definì “il miglior giocatore italiano degli anni ‘90”, ha scritto la storia del calcio nostrano. Ieri l’ex centrocampista dell’Atalanta consacratosi poi nelMilan degli “Invincibili“ di Arrigo Sacchi ha festeggiato i 60 anni, una tappa importantissima anche se arrivata lontano dai campi di gioco. "La mia carriera è stata fatta di momenti di successo e momenti di cose che non sono andate come avrei voluto. Non ho particolari rimpianti, ho sempre accettato le cose così come sono venute", ha raccontato Donadoni all’Italpress.
La sua storia calcistica, come detto, cominciò nell’Atalanta, ma è nel 1986 che ci fu la svolta: arriva il Milan, lui fu primo acquisto di Silvio Berlusconi. "Il presidente ha rappresentato nella mia carriera il personaggio più importante. Mi ha dato la possibilità di far parte di quella squadra, ho grande riconoscenza e quello che mi ha lasciato dal punto di vista professionale è unico. È sempre nei miei pensieri". Alla fine conterà ben 18 i trofei vinti con i rossoneri prima di salutare e chiudere la carriera in Arabia Saudita. "Ho vissuto l’esperienza a Jeddah vincendo il campionato e la Coppa del Re. Per me, seppur breve, ha rappresentato qualcosa d’importante perché mi ha fatto vedere una realtà distante dal nostro modo di essere. Il calcio è vissuto in maniera prepotente, lo stadio è sempre pieno ed è stata una bella esperienza. Con loro avevo impostato un programma per far crescere i giovani e questa cosa, che non è andata in porto, è un po’ un limite perché avrebbero avuto modo di formare giovani calciatori. Così investono molti soldi e mi auguro che questa strada li porti a dei successi, ma probabilmente dovranno strutturarsi in maniera più completa rispetto ad ora", ricorda.
Una parentesi importante c’è stata anche in Nazionale, prima da giocatore e poi da allenatore con qualche delusione, come il rigore sbagliato a Italia ‘90 in semifinale contro l’Argentina, la finale persa ai Mondiali di Usa ‘94 o l’eliminazione da Euro 2008 ai quarti, ma soprattutto un rapporto speciale con Azeglio Vicini. "Una persona che definirei più un padre che un allenatore, avevo un rapporto di grande affetto. La Nazionale è stata un’esperienza durata 10 anni da calciatore, alla maglia azzurra mi legano tanti ricordi". G.M.
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