Il dilemma etico. Chi scommette non è degno della nazionale
Rabotti Luciano Spalletti, allenatore della nazionale, il problema se l’è dovuto porre subito, quando all’inizio dell’indagine sul calcioscommesse, un anno e...

Calcio, lo sport nazionale
Rabotti
Luciano Spalletti, allenatore della nazionale, il problema se l’è dovuto porre subito, quando all’inizio dell’indagine sul calcioscommesse, un anno e mezzo fa, vide arrivare la polizia a Coverciano per notificare gli avvisi di garanzia a Tonali e Fagioli. Più che un problema pratico, un dilemma etico: cambia qualcosa quando ci sono di mezzo giocatori della nazionale, in un’inchiesta come quella tornata ai disonori della cronaca in questi giorni, e ovviamente ci riferiamo alle scommesse che hanno scoperchiato la presenza di diversi ludopatici anche nello spogliatoio dell’Italia, sia quella maggiore sia l’under 21 di qualche anno fa?
Chi finisce per indossare la maglia che rappresenta il Paese dovrebbe farsi qualche scrupolo in più, pensare che il ruolo di esempio che troppo facilmente assegniamo ai campioni sia qualcosa di speciale, che impegna anche sul piano etico? La risposta ovviamente è sì. A patto di non fare, come capita spesso, gli indignati a gettone, quelli bravissimi a dimenticarsi i giudizi sulla morale degli altri non appena gli stessi calciatori magari segnano un gol decisivo e diventano idoli di adoratori colpiti da improvvise amnesie. Ma così è troppo facile.
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