Il pallone si sgonfia. Calciatori a serio rischio Settanta partite a stagione tanti viaggi e poco riposo
L’ultima sosta per le nazionali e i lunghi sostamenti fanno riflettere. Troppi atleti infortunati, si torna stanchi e non c’è tempo per rifiatare. Così a 30 anni ci si sente gia “vecchi“: e a fine carriera si arriva prima. .

Calciatori a serio rischio Settanta partite a stagione tanti viaggi e poco riposo
Ci risiamo. Come ciclicamente succede quando i campionati si fermano per gli impegni delle nazionali delle Nazionali. La chiamano “sosta“, in realtà per la parte dei calciatori iniziano due settimane di vero stress: in tanti sono costretti a lunghi spostamenti, a fatiche supplementari con pochissimo tempo per recuperare le forze. E poi, puntuale, arriva il solito bollettino medico, con infortuni di ogni tipo per la disperazione dei ct, dei tifosi e degli allenatori dei club. Tutto ciò è la conseguenza di una organizzazione quasi folle, di un calendario intasato, di pressioni che non si possono più reggere. Ne sa qualcosa Luciano Spalletti, che uno dopo l’altro ha perso i vari Chiesa, Pellegrini, Politano e Mancini. Ma chi ne paga le conseguenze sono soprattutto le società: Inter e Milan, a quattro giorni dal derby, sono “incerottate“ e con tante incognite.
Qui non si tratta più di essere un calciatore “anziano“ come Giroud o più giovane come Lautaro. Il problema è che gli stakanovisti del pallone sono diventati tanti. "Perché si gioca troppo e di conseguenza ci si allena poco", come ha più volte sottolineato non senza un briciolo di preoccupazione il professor Piero Volpi, responsabile dello staff sanitario dell’Inter. Un allarme lanciato dai medici in “primis“ e urlato a gran voce soprattutto dalla Federazione internazionale dei calciatori professionisti: la FifPro (che continua a reclamare 28 giorni di ferie per gli atleti) ha portato ad esempio numeri che fanno riflettere, ad esempio il minutaggio di un campione come Mbappè (il 48% in più di un 24enne Thierry Henry) o di un talento come Vinicius, che a 23 anni, tra Nazionale e club ha giocato più del doppio di Ronaldinho alla sua stessa età.
La conclusione, logica, ragionata, basata sui dati, deve far riflettere: di questo passo e con questi ritmi le carriere di tanti campioni di oggi potrebbero accorciarsi drasticamente. O comunque molti di loro non potrebbero leggere a lungo a certi livelli. Perché oggi più che mai è evidente agli occhi di tutti che calendari così ingolfati e stagioni calcistiche così congestionate, a lungo andare portano ad uno stress fisico e mentale ben superiore rispetto a quello sopportato e gestito da calciatori di altre generazioni. Tanti gli impegni, le stesse competizioni (dai Mondiali agli europei, dalla Nations League alle Coppe per club) diventano sempre più lunghe e affollate e ciò che viene chiesto ai calciatori sta superando davvero ogni limite. Basti pensare agli interisti e ai milanisti che fra giovedì e venerdì torneranno in Italia dopo aver volato sull’Oceano e sabato pomeriggio saranno impegnati nel derby scudetto per poi, da domenica, dover pensare subito al turno di Champions League. Lautaro Martinez a questo è abituato: lo scorso anno, fra Inter e Nazionale è sceso in campo ben 67 volte. In Italia nessuno come lui.
Ma il peggio, così pare, deve ancora arrivare: dalla prossima stagione (2024-2025), calendario alla mano, si giocherà l’11% di partite in più. Dalle 70 (amichevoli comprese) attuali, un calciatore di un club importante potrebbe scendere in campo 80-85 volte in una stagione. Un esempio pratico? La nuova Champions salirà da 32 a 36 squadre e per arrivare sino in fondo si passerà da 13 a 17 partite. Altro stress e sempre meno riposo. Fino a quando il fisico dei nostri supereroi resisterà? Facile pensare che fra qualche anno di terribili vecchietti come Giroud ne vedremo sempre meno in giro...
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