Italia, la prima di Gattuso: “Un sogno che si avvera”
Il nuovo ct emozionato al debutto: “Vorrei ricreare la stessa alchimia di Lippi, bello sentire la felicità dei miei genitori. Ma un Gattuso non lo farei giocare”
Accolto da un applauso dopo le sue prime parole, Rino Gattuso ha debuttato come nuovo ct azzurro. Sotto gli occhi dei nuovi compagni di viaggio, da Cesare Prandelli a Gianluca Zambrotta a Leo Bonucci, ‘scortato’ dal presidente della Figc Gabriele Gravina e da Gigi Buffon, al grand hotel Parco dei Principi di Roma è andato in scena il secondo battesimo azzurro del nuovo ct.

“E’ un sogno che si avvera, spero di essere all’altezza _ ha detto Gattuso _Il compito non è facile ma nella vita non c’è niente di facile. C’è poco da dire, c’è da lavorare con l’aiuto di Dio, andare in giro, entrare nella testa dei giocatori e trasmettere cose positivo. Sento dire da anni che non c’è talento, io penso che ci siano e bisogna solo metterli nella condizione di rendere al massimo. L’obiettivo è quello di riportare l’Italia ai Mondiali, è fondamentale”.
MONDIALI. “Io sono convinto di farcela perché abbiamo giocatori importanti a disposizione, quattro-cinque sono tra i migliori dieci al mondo nei loro ruoli. Ma dobbiamo pensare alla squadra, che ha dei valori, e non ai singoli. Non ho esitato perché abbiamo le qualità per farcela. In questi giorni ho sentito 35 giocatori, ho parlato anche con Chiesa, visto che me lo chiedete. E a lui come a tutti ho detto che devono giocare con continuità, io guarderò quello che dice il campionato”.
RINGHIO. “La mia figura da calciatore è ancora impressa, ma quella da allenatore è diversa. Io oggi un Gattuso nella mia squadra non lo metterei in campo, con solo cuore e grinta non si lavora ogni anno per dieci-undici anni. Mi piace aggiornarmi, ho le idee chiare sul calcio che mi piace, ogni giocatore ha una testa, non tutti sono uguali e non puoi parlare a tutti nello stesso modo. Il problema più grande è stato fare gruppo, ma i giocatori di oggi sono più professionisti di quanto fossimo noi, molto più preparati”.
I RISULTATI PRECEDENTI. “Con il Napoli e col Milan non sono andato in Champions per un punto, a Spalato siamo arrivati a giocarci tutto all’ultima partita per lo scudetto. Solo una squadra vince, ma bisogna vedere come uno ha lavorato, se ha fatto crescere i giovani. Penso di aver fatto qualcosa di buono. Poi ha ragione Mourinho, nessuno fa magie”.
LA MAGLIA. “Serve entusiasmo, voglia di stare insieme. Ho ben chiaro quello che bisogna fare, l’obiettivo è che chi viene a Coverciano venga con entusiasmo per stare in una famiglia, per ritrovare quel gruppo e quella mentalità che ci hanno sempre contraddistinto. Da bambino ho passato un’infanzia bellissima nella mia Calabria e ogni volta che sentivo l’inno nelle 73 volte che ero in campo mi sembrava di sentire mia madre che mi chiamava dal balcone”.
IDENTITA’. “Un dato che ci deve fare riflettere è che quest’anno c’è stato il 68% di giocatori stranieri in campionato e solo il 32% di italiani. A Spalato avevo dei giovanissimi, da noi fanno fatica a giocare. La maglia della nazionale è pesante, per questo dobbiamo ritrovare entusiasmo, con la paura non si va da nessuna parte. Diciamo sempre che i giovani sono cambiati, ma dobbiamo essere noi bravi a trovare una via per interagire con loro nella maniera giusta. Se pensiamo ai nostri genitori e vogliamo fare la stessa cosa, non va bene perché i tempi sono cambiati. Non dobbiamo pensare che siano loro a cambiare, dobbiamo andare noi incontro a loro”.
RIFIUTI. “Non credo che un giocatore rifiuti la nazionale, bisogna capire perché dice di no. Dobbiamo riuscire a convincerli a venire e stare con noi, abbiamo tutte le strutture. Se vogliamo essere credibili e non creare precedenti, chi viene convocato deve stare a Coverciano e ritorna solo se non riusciamo a guarirlo. Bisogna imparare ad andare oltre e stringere i denti, è importante riuscire a stare insieme”.
ACERBI. “Non ci ho parlato, sta dando tanto al calcio ma in questo momento non è una problematica che ha toccato me e le scelte da parte mia sono diverse. Nulla contro di lui, sta facendo grandi cose, ma ho chiamato altri, più giovani, che penso possano darci qualcosa”.
LE PRIME PAROLE. “Ai miei giocatori dirò di creare una famiglia e dirci le cose in faccia perché in campo ci sono difficoltà in ogni momento e quando ti senti solo diventa dura, novanta minuti sono interminabili. Dobbiamo cambiare questo aspetto, dirci le cose, solo così si può crescere. Dovranno andare a mille all’ora, se non li vedo pedalare sono guai, in campo la squadra deve lavorare con serietà e dare il massimo. Fuori dal campo non posso fare il sergente di ferro o il poliziotto, ma negli allenamenti devono andare al massimo”.
LIPPI. “Il ct mi ha detto cose che non posso dire _ ha raccontato Rino del suo vecchio maestro _. Spero di fare quello che ha fatto lui non nell’alzare la Coppa, ma nel creare l’alchimia nello spogliatoio, il senso di appartenenza”.
SPALLETTI. “Con Luciano ci siamo sentiti, ho una stima incredibile, è un maestro. In questo momento è normale che dobbiamo vedere che cosa vogliamo fare, ma il suo lavoro e la sua professionalità sono incredibili, ha fatto un grande lavoro con la nazionale. Ma tempo per fare cambiamenti non c’è, nell’immediato”.
MESSAGGI. “In tanti mi hanno messaggiato, ma sentire l’emozione dei miei genitori è stata la cosa più forte”.
MODULI. “Non è questione di assetto in campo, noi dobbiamo pensare a mettere una squadra alla quale piace stare nella metà campo avversaria e provare a fare male, il resto lascia il tempo che trova, difesa a tre o a quattro cambia poco. Dobbiamo recuperare sulla Norvegia”.
GRAVINA. Il presidente ha spiegato: “Gennaro è il nuovo ct perché ha le qualità, la determinazione e soprattutto il desiderio di realizzare qualcosa di grande per il nostro paese. La nazionale ha bisogno di lui e lui ha risposto senza esitazione e con l’entusiasmo che aveva quando veniva convocato da giocatore. Ma non farei l’errore di ridurre la sua disponibilità a un semplice entusiasmo: c’è tanto altro, soprattutto un grande spirito di sacrificio e qualcosa di straordinario che mi ha colpito dal primo momento. Ha voluto anteporre il noi all’io, lanciare messaggi molto chiari con un entusiasmo straripante e mi ha detto subito che nessuno vince da solo. Al mondiale si va tutti insieme, questo è il messaggio più bello. Chi ama la nazionale oggi deve fare un passo in avanti per il bene del calcio. La scelta di Rino è stata condivisa, ringrazio Buffon che si è impegnato in modo determinante. Condivisa per l’uomo, ma anche come tecnico, siamo convinti delle sue qualità come allenatore. Non è una scelta dettata solo dal cuore, abbiamo preso un tecnico che sa che cosa vuol dire indossare la maglia azzurra e non ha paura di prendersi responsabilità. Dopo un anno di confronto con Cesare Prandelli abbiamo deciso di dare il via a un percorso nel quale sarà affiancato da Simone Perrotta e Gianluca Zambrotta che caleranno nella realtà del nostro calcio l’idea di sviluppare nel miglior modo possibile la capacità tecnica dei nostri vivai. Questo progetto viaggerà in maniera autonoma, ma parallela a quella del ct Gattuso, per lo sviluppo della parte tecnica dei nostri giovani. Sul piano umano salutare Spalletti è stata una ferita perché Luciano è una persona splendida. Ranieri? C’è stato un incontro, ma non c’erano le condizioni, parlare di un rifiuto è andare oltre quello che c’è stato, ma avevamo iniziato i ragionamenti sul progetto prima di parlare con Ranieri”.
LA RUSSA. Il neo ct ha risposto al presidente del Senato, che aveva detto di non riconoscere in lui un simbolo azzurro: “Non voglio fare polemiche, ma nel 2005 ho vissuto un incubo, dal 3-0 al 3-3 e poi sono stati mesi difficili, volevo anche lasciare il Milan. Spero di fargli cambiare idea”, ha replicato Rino.
BUFFON. Il capodelegazione era al fianco di Gattuso. Ha avuto un ruolo decisivo nella scelta, quasi da ds della nazionale: “Ho avuto la possibilità di condividere esperienze con Rino come giocatore e da avversario, vista la mia longevità, e quando lo affrontavamo con la Juve abbiamo trovato difficoltà perché si vedeva quanto lavoro c’era. Che Rino abbia ancora il tratto distintivo di essere generoso e combattivo, nessuno glielo toglierà mai. Ma allena da 12 anni, ha fatto esperienza in tutto Europa e ha sentito il desiderio di migliorare ed evolversi. È facile dare un’etichetta e limitare una persona in un angolino”.
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