La Figc non cambia. Un plebiscito, ora servono i fatti
Un voto bulgaro ha affidato a Gravina il suo terzo mandato

Gabriele Gravina, presidente della FIGC, parla con i giornalisti al termine della riunione del Consiglio Federale della FIGC (Ansa)
A volerla leggere come una metafora del Paese, operazione sempre scivolosa, la rielezione di Gabriele Gravina a capo della Figc potrebbe indurre all’ottimismo. Perché si è sempre detto che l’Italia non sa fare sistema, che la forza di squadra mostrata sui campi dagli atleti diventa un’utopia quando tocca a dirigenti e proprietà, ai rappresentanti di interessi di parte. Bene, possiamo anche voler fingere di credere che dietro il voto bulgaro che ha affidato a Gravina il suo terzo mandato ci sia un’unità di intenti delle diverse componenti che non ha precedenti nel terzo millennio e che non c’era di sicuro dopo il fallimento agli Europei, quindi l’altro ieri. Gravina può essere stato bravo a tessere rapporti per la rielezione, diventata scontata quando nessun rivale si è presentato. Adesso però tocca, a tutti, trasformare la fiducia in fatti, in risultati concreti.
Quelli sul campo sono pane per Spalletti, ma se il sistema ha davvero capito la lezione, ci aspettiamo di vedere già dai prossimi mesi le capacità di programmazione che han fatto grandi nazioni rivali, la voglia di investire sui giovani italiani, la consapevolezza che una nazionale ai mondiali fa bene anche ai club. Se invece dal prossimo raduno azzurro ricominceranno le scaramucce, se i club continueranno a schierare ragazzini sconosciuti provenienti da paesi impronunciabili invece dei nostri giovani, allora questa unità si rivelerà una cortina di fumo. E il tempo non c’è più.
Continua a leggere tutte le notizie di sport su