Lazio: sempre più vicino il ritorno di Sarri, quale eredità lascia Baroni?

Il tecnico toscano potrebbe tornare 15 mesi dopo le dimissioni, quali potrebbero essere le basi della sua nuova squadra

di FILIPPO MONETTI
28 maggio 2025
Marco Baroni

Marco Baroni

Roma 28 maggio 2025 – Fare un passo avanti, per tornare però dove si è stati bene. Sono passati ormai quindici mesi, 63 settimane, 441 giorni, da quando Maurizio Sarri ha rassegnato le dimissioni dalla Lazio, chiudendo il proprio lavoro di due anni e mezzo in biancoceleste. Un percorso che aveva riportato i biancocelesti in Champions dopo l'esperienza di Simone Inzaghi e conquistato un secondo posto in classifica, miglior risultato dei capitolini nell'era Lotito. Uno stile di gioco riconoscibile, guidato in campo dal carisma e la qualità di Immobile, Luis Alberto e Milinkovic-Savic, unito a risultati convincenti. Il percorso del tecnico toscano alla Lazio è stato senza dubbio positivo, tanto da convincere Angelo Fabiani e Claudio Lotito.

Se nelle giornate scorse quella di Sarri era solo una voce, fondata, ma solo un nome tra i diversi possibili per il futuro della panchina laziale, in queste ore sta diventando una possibilità sempre più concreta. In un interessante incrocio di destini che legano a doppio filo la Capitale e Bergamo. Gasperini è a un passo dal lasciare definitivamente l'Atalanta dopo un'esperienza durata ben 9 anni e potrebbe legare il proprio futuro alla Roma. Contestualmente in casa orobica uno dei papabili sostituti potrebbe essere proprio Maurizio Sarri, rendendolo così oggetto del contendere tra le parti.

Stando all'indiscrezione lanciata da Sky Sport, in virtù di questo Lotito e i dirigenti biancocelesti starebbero in queste ore accelerando per non perdere il confronto con il club atalantino. I colloqui sono in corso in queste ore e proseguiranno nelle prossime giornate, in cerca di una fumata bianca. Sul piatto ci sarebbe un ricco accordo biennale dal valore economico di poco inferiore ai 3 milioni di euro a stagione. Il tecnico attualmente è nel pensatoio e probabilmente attenderà una prima reazione da parte dell'Atalanta prima di sposare eventualmente la Lazio una seconda volta. Dovesse ufficializzarsi questa trattativa sarebbe il primo ad accasarsi in un valzer di panchine che potrebbe vedere tanti nuovi volti nelle posizioni di vertice del campionato italiano.

Si attende ora l'addio ufficiale a Marco Baroni, ormai prossimo all'esonero. Sulla carta Fabiani puntava a costruire un lungo periodo con lui in panchina, un vero e proprio ciclo a tinte biancocelesti con un nuovo volto in panchina. A novembre arrivò anche il perentorio prolungamento fino al 2028, andando a legare così il tecnico con un quadriennale alla squadra della Capitale. Le grandi premesse di inizio anno non si sono però tradotte fino a fine annata, portando così a questo clamoroso dietrofront. Cruciale per la decisione dei dirigenti capitolini sarebbe stata la mancata qualificazione alle competizioni europee. Per la prima volta dal 2016-17 la squadra non disputerà alcuna competizione Uefa, allora fu l'apertura del ciclo di Simone Inzaghi, la sua prima stagione completa in panchina, terminata al quinto posto. Oggi questa può essere l'occasione di riaprire un nuovo ciclo, con l'uomo di copertina già noto, in una curiosa combinazione del destino. 

Qual è l'eredità di Marco Baroni?

A volte l'ambizione e le speranze, purtroppo superano la realtà e non si riesce a tradurre i propri sogni e obiettivi in una crescita reale sul campo. La Lazio è andata al casinò del destino e ha puntato forte su un allenatore alla prima esperienza di altissimo livello in panchina, dopo due salvezze meravigliose per come sono arrivate sulle panchine di Lecce e Verona. Marco Baroni era pronto per il fantomatico salto di qualità e il campo dà ragione a questa tesi, sostenuta a più riprese anche da Claudio Lotito e Angelo Fabiani.

Sulla carta la scommessa sopracitata non è stata persa né dalla dirigenza laziale, né dal tecnico. Baroni non solo ha mantenuto la squadra sui livelli antecedenti, ma ha saputo valorizzare molti dei giocatori già presenti in rosa, ridando lustro anche ad alcuni investimenti passati. La sua squadra ha saputo destreggiarsi bene sul doppio impegno, non a caso ha concluso l'annata con più del 50% di vittorie. Una media punti di 1,81 mantenuta su 52 partite, sono senza dubbio numeri importanti per chi era legittimo aspettarsi una difficoltà nel gestire una stagione così intensa.

La Lazio di Baroni però è sembrata invece brillare nel doppio impegno, esaltandosi nel continuo alternare di protagonisti tra campionato ed Europa League. In Serie A Dia e Castellanos erano i due leader tecnici e carismatici, assistiti dagli spauracchi di Isaksen, la cui qualità di rendimento è cresciuta durante la stagione. In Europa l'esperienza di Vecino, di Pedro e anche del nuovo arrivato Gigot permetteva rotazioni ampie in ogni reparto, mentre i giovani si affermavano, alternandosi sul palcoscenico dei protagonisti. Dele-Bashiru ha impressionato per la sua fisicità, Mandas per la solidità tra i pali, tanto da scalzare Provedel verso fine stagione, Tchaouna e Noslin sapevano incidere nel poco spazio loro lasciato. La Lazio funzionava e lo faceva bene, riuscendo a sopperire ai piccoli infortuni che di volta in volta tormentavano la rosa.

Dall'inizio del 2025 però la crisi. Gli infortuni di Vecino, Castellanos e Patric hanno privato la rosa di giocatori chiave in ruoli importanti, sono tornati alla ribalta protagonisti come Pedro, mentre Rovella e Guendouzi si sono dimostrati degli stakanovisti. La squadra però ha accusato alla lunga le fatiche europee, arrivando a un finale di stagione scarico, fino al triste epilogo dell'Olimpico contro il Lecce. Al netto del risultato però la squadra ha mostrato di essere un gruppo solido e tutt'altro che stanco del proprio allenatore, ma solo stanco in senso generale.

L'eredità di Baroni è quello di una Lazio talentuosa, ma poco cinica e cattiva nei momenti decisivi. Le gambe sono tremate più volte e a parte Isaksen, pochi hanno dimostrato l'istinto killer dei momenti topici, quello tipico della grande squadra. Sarri, o chi arriverà al suo posto in biancoceleste, ripartirà senza dubbio dai grandi protagonisti di questa annata. Gila è a tutti gli effetti diventato un top in difesa, mentre Mandas è il nuovo titolare della porta laziale. Tavares è una stella, delicata, ma rimane un giocatore di altissimo livello. Guendouzi e Rovella sono maratoneti, ma soli nel proprio ruolo, mentre in attacco talento e discontinuità accomunano Dia e Castellanos. Isaksen può essere il vero top del reparto, in cui l'unica certezza resta Zaccagni.

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