Derby Che spettacolo
Reijnders illude il Milan, nel recupero De Vrij la raddrizza per l’Inter che colpisce tre pali, si vede annullare tre gol e si salva nel finale

Sopra l’esultanza di Reijnders per l’1-0, a destra il tiro di De Vrij che ha fissato il pareggio per l’Inter
Il derby dei paradossi alla fine sembra scontentare tutti. L’Inter che rallenta la rincorsa al primo posto, il Milan che rimanda la sua rinascita targata Conceição. Il recente passato diceva: Supercoppa vinta nel recupero, con il portoghese a festeggiare un titolo dopo due partite, balletto e sigaro in bocca. Il presente, però, tutt’altro: rimonta Inter. Che spazza via (in parte) l’amarezza nerazzurra: dopo tre gol annullati (Dimarco, doppio Lautaro), soprattutto dopo tre pali (Bisseck, Thuram, Dumfries) e un rigore (Thuram-Pavlovic) invocato da una parte e sconfessato dall’altra. Ma rimonta e niente non c’è due senza tre per il Diavolo. Che, comunque, ha parecchio per cui sorridere, pur digrignando i denti. Paradossi, quindi. Ma segnali indubbiamente forti anche sul versante rossonero: di carattere, ossia ciò che si chiedeva a una squadra ondivaga e che questa volta è sì crollata nel finale, ma sotto il peso dei cambi altrui.
Dalla panchina rossonera, invece, c’era poco da pescare. L’incipit, invece, ha pescato dalla storia con la premiazione di Shevchenko, entrato Hall of Fame rossonera: "Non è brasiliano, però che gol che fa", ha ricordato San Siro. Amarcord anche del Milan degli olandesi, di fatto, a seguire. Gimenez è arrivato proprio da lì e ha osservato dalla tribuna. Reijnders, invece, dopo aver fatto volare Sommer, ha chiuso una folata, nata da un recupero di Abraham su Calhanoglu, con il suo undicesimo gol stagionale. "Abbiamo perso due punti, ma lo spirito dovrà essere sempre questo. Santiago alzerà la qualità", il telegramma del centrocampista. L’Olanda ha chiamato, l’Olanda ha risposto: De Vrij, molto più di un vice Acerbi. E molto "Inzaghiano" nel pareggio, orchestrato di fatto da tre difensori. Cross di Bisseck (neo entrato), sponda di Zalewski (neo arrivo e neo entrato), palla insaccata dal 32enne: "Siamo andati in svantaggio, ma non potevamo perdere per la terza volta. Abbiamo continuato a crederci, anche quando sembrava che la palla non volesse entrare". Anche per merito di un Milan riveduto e corretto: 4-4-2 compatto, aggressivo, capace di scivolare bene da una parte all’altra al cospetto delle consuete volontà di dominio, nel palleggio, dei cugini. Anche per demerito di un Lautaro che arrivava da cinque partite di fila a braccia alzate e invece si è schiantato sulle imprecisioni del periodo buio. In pratica, mezz’ora di nulla, prima del botta e risposta che ha strizzato l’occhio al Milan e non all’argentino. Dopo il té, altro Milan e ancor più da battaglia: 5-4-1, in pratica e ripiegamenti a partire da Abraham. I rossoneri hanno prevalso, per lunghi tratti, per via proprio di uno spirito battagliero ritrovatissimo: sulle seconde palle, nei duelli, nelle letture. E, alla mala parata, tutti dietro a soffrire. L’Inter invece, dapprima ingolfata per via di troppe stecche in costruzione, ha saputo risollevarsi proprio quando ha raggiunto i livelli di corse e rincorse degli avversari. Ha rischiato di scottarsi giocando con i centimetri del fuorigioco, ha rischiato di schiantarsi sui legni. E ha pareggiato di nervi. Punticino, quindi. Ma, per entrambe, lo spirito giusto per azzannare il tour de force in arrivo.
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