Addio Juliano, era l’oro di Napoli. Sfidò Pelé, portò in Italia Maradona

Campione d’Europa nel ‘68, entrò nella finale del mondiale ’70. E da dirigente fece il colpo della storia

di LEO TURRINI -
14 dicembre 2023
Addio Juliano, era l’oro di Napoli. Sfidò Pelé, portò in Italia Maradona

Addio Juliano, era l’oro di Napoli. Sfidò Pelé, portò in Italia Maradona

Antonio Juliano, spentosi ieri a 80 anni, è stato per il calcio del Sud un Masaniello, un capo popolo che rifiutava a priori la condizione di inferiorità psicologica e il timore reverenziale nei confronti degli squadroni del Nord industriale. Non tutti l’hanno capito ed apprezzato abbastanza quando da giocatore era l’alternativa meridionale ai Rivera, ai Mazzola, ai Bulgarelli, ai Corso: eppure ce ne voleva, in quel tempo remoto, a cavallo tra Anni Sessanta e Settanta del Novecento, per rendere credibile il Napoli a cospetto di Milan, Juve, Inter. Sfiorò uno scudetto in campo insieme a Sivori e Altafini e proprio per colpa di un gol di Altafini, diventato bianconero, perse un campionato in extremis, nel 1975.

Ecco, Juliano è stato tutto questo. Con una dignità plebea che sommava Totò a Eduardo De Filippo, fu il testimone di una rivolta pacifica. Centrocampista dal buon piede, arrivò in Nazionale. Scese in campo per un pezzo di partita nella finale del Mundial ’70, Italia contro Brasile nell’altura messicana: vide Pelé da vicino, tentò persino di dribblarlo (!) e forse in quell’istante gli venne l’idea che avrebbe segnato la sua seconda vita per sempre.

Prima di appendere le scarpette al fatidico chiodo, Antonio si era concesso lo sfizio di un ultimo atto al Nord: fece un anno al Bologna, nel 1978-79, ma gli mancavano il mare, la pizza, lo stadio San Paolo. Cui solo lui poteva regalare il sogno più grande.

Maradona.

Diventato dirigente del Napoli, nella primavera del 1984 Juliano intuì, prima di tutti!, che mischiando spregiudicatezza e astuzia era possibile l’impossibile. Cioè portare l’erede di Pelé all’ombra del Vesuvio.

Gli diedero del pazzo, lo presero per visionario, dissero che gli echi di Napoli Milionaria gli avevano tolto il senso delle proporzioni. E invece.

Invece Diego Armando sbarcò davvero tra Mergellina e Posillipo e una intera epopea di gol, film, scudetti, documentari, libri, insomma, la dobbiamo a Juliano Antonio da San Giovanni a Teduccio, l’ex capitano diventato manager, l’uomo che considerava la fantasia la vera benzina della rivoluzione.

Poiché la vita sa essere ingenerosa con chi ha ragione in anticipo, perché se non te la danno, la ragione, ci fai la birra, Juliano non si godette la gloria del Pibe de Oro a Fuorigrotta. Litigò con il presidente Ferlaino e si accampò sotto la tenda. Lasciando ad altri i trionfi di Dieguito.

Ma quando lo intervistai per queste colonne, il non più giovane Juliano me lo disse ancora e sempre: "Maradona in Italia l’ho portato io e chi c’era lo sa".

Proprio così.

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