Napoli, Conte vacilla come fece Spalletti. Differenze e analogie dei due scudetti targati ADL
Più giochista l'attuale ct dell'Italia, più concreto l'allenatore del quarto titolo del club, ma a sua volta a rischio addio dopo la festa: prende sempre più piede il nome di Allegri per curare una frattura nata dall'addio di Kvara

Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis (Ansa)
Napoli, 26 maggio 2025 - Il primo scudetto era stato atteso e sospirato da decenni ma molto più agevole sul campo: il secondo è stato ravvicinato nel tempo ma molto più sofferto e combattuto, seppur forse meno spettacolare. Entrambi i tricolori conquistati dal Napoli nella feconda gestione di Aurelio De Laurentiis hanno però un punto in comune: un enorme punto interrogativo sul destino dell'allenatore vincente.
I due scudetti di De Laurentiis: analogie e differenze
In principio fu Luciano Spalletti, l'uomo capace di riportare il titolo all'ombra del Vesuvio dopo 33 anni di digiuno: un'impresa enorme, confezionata da una squadra costruita più con le idee che con i nomi grossi, altisonanti e costosi. Certo, il bomber Victor Osimhen era costato oltre 70 milioni, per un affare, quello con il Lille, da allora ancora sotto la lente d'ingrandimento degli organismi preposti al rispetto delle regole del fair play finanziario, ma la stella più lucente quell'anno fu Khvicha Kvaratskhelia, sbarscato nel capoluogo campano nell'anonimato (e per appena 10 milioni) con il gravoso onere di sostituire Lorenzo Insigne. Questa è storia della stagione 2022-2023, seguita dall'annata del grande crollo dal primo al decimo posto, con relativa esclusione da ogni coppa europea: un dettaglio, o forse no, per la scelta di Antonio Conte di sposare un progetto ambizioso. Proprio quel Conte che notoriamente dà il meglio di sé in campionato e a maggior ragione se non ci sono altri impegni infrasettimanali. Il resto lo ha fatto la società, dandogli praticamente carta bianca per il mercato estivo, senza badare a spese o a particolari paletti legati all'età dei giocatori. Il nuovo direttore sportivo Giovanni Manna sfrutta al meglio il budget di 150 milioni garantito dai piani altissimi del quartier generale di Castel Volturno, andando innanzitutto ad accontentare l'allenatore su quelli che sono i suoi pupilli. Uno su tutti: quel Romelu Lukaku che il suo meglio lo ha dato (e lo dà) proprio alla corte del tecnico salentino. Tra cosiddetto usato sicuro, qualche timido colpo in prospettiva e diverse scommesse vinte, a fine estate il Napoli che ne viene fuori è in teoria una macchina buona 'solo' a tornare in Europa, passando dalla porta principale della Champions League. In realtà fin dalle prime battute del campionato c'è l'impressione che gli azzurri possano ambire a molto di più, come poi sarebbe stato proprio grazie alla mano di Conte, il capitano perfetto di una barca che non sempre ha viaggiato con il vento in poppa. Tra infortuni di pezzi grossi della rosa, partenze di giocatori importanti ma forse non più determinanti come nel passato e rivoluzioni a livello di modulo, Conte è riuscito a tenere la barra dritta, seppur con la collaborazione a distanza di un'Inter sempre più distratta dagli impegni in Champions League, tra l'altro con vista sull'imminente finale. E alla fine è arrivato uno scudetto per qualcuno insperato, per qualcun altro invece già nelle piene possibilità di un roster costruito con impegno, attenzione e costi non banali, che poggiava le proprie basi sull'ossatura del precedente titolo, quello a firma Spalletti. Due allenatori diversi per gioco, personalità e approccio all'evento che potrebbero però essere accomunati dallo stesso destino.
Le ipotesi sul futuro e il ruolo di Kvaratskhelia
Una differenza però c'è: Spalletti lasciò il Napoli probabilmente mosso dal timore di non potersi ripetere, confermato dal campo e da quanto accaduto nella stagione successiva ma sconfessato da quella appena dopo. Conte invece è a rischio addio praticamente da gennaio, momento nel quale lo scudetto finale degli azzurri, comunque già a lungo primi in classifica, era solo un'ipotesi rosea di un'intera piazza. I due tricolori più recenti si incrociano nella figura di Kvaratskhelia, decisivo in campo nel primo, quello a firma Spalletti, e decisivo fuori dal rettangolo di gioco nel secondo, targato Conte. Proprio la partenza del georgiano era stata fin dall'inizio mal digerita dal tecnico salentino, che l'aveva giudicata il simbolo delle scarse ambizioni di una società dove, a suo dire, certe cose non è possibile farle. In realtà, a onor del vero, il Napoli non ha accusato particolarmente il contraccolpo di un giocatore i cui migliori numeri erano comunque in un certo senso rimasti nella stagione dello scudetto: senza contare che diverse volte, a partire da fine autunno, all'ex numero 77 era stato preferito David Neres, un altro degli acquisti estivi pagati a peso d'oro. Ironia del destino, il brasiliano ha cominciato a stazionare in maniera fissa ai box proprio a partire dalla cessione di Kvara, rendendola ancora più indigesta per Conte, il cui gelo con De Laurentiis nel frattempo andava a crescere. Anche in questo caso la squadra non ha pagato dazio, con la freddezza che a molti è apparsa chiara soltanto la sera della festa post Cagliari. Le celebrazioni del Napoli non sono ancora finite e dunque per le parti in causa non è forse ancora il momento di sedersi a un tavolo e vedere il da farsi: sempre ammesso che le decisioni sul futuro della panchina azzurra, in un senso o nell'altro, non siano già state prese. Tra Conte-bis, avallato più da un contratto ancora lungo che dagli spifferi che escono fuori dal quartier generale di Castel Volturno, e altro ribaltone ad oggi sembra prevalere questa seconda tesi, seppur con la ricerca da parte della società di una linea di continuità. Il nome di Massimiliano Allegri comincia a circolare con una certa frequenza, tra suggestioni di poter ricalcare un cammino simile a quello appena concluso e timori di un altro post scudetto complicato come lo era stato quello precedente. Proprio sulla scorta del recente passato, De Laurentiis non vuole sbagliare: se, come ha ricordato lui a margine della festa scudetto, è impossibile trattenere un allenatore che vuole andare via, è importante rimpiazzarlo a dovere, puntando sui cavalli buoni. Una metafora che quando c'è di mezzo Allegri sembra quanto mai appropriata.
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