Napoli, grana Osimhen: senza cessione rischia di essere in ritiro a Dimaro
Lo scenario inquieta la società partenopea e soprattutto Conte, che già un'estate fa fu chiaro: nel suo progetto non c'è spazio per il nigeriano

Victor Osimhen (Ansa)
Napoli, 13 giugno 2025 - Nell'immaginario collettivo dei tifosi, quasi come fosse una pietanza da preparare, più top player ci sono in una squadra e meglio è: specialmente in attacco. La realtà è però ben diversa, perché da contemperare ci sono diversi fattori, da quello economico alla compattezza di un gruppo da tutelare a ogni costo. Se abbondano le 'prime donne' si rischia di intaccare entrambi gli ambiti ed è il pericolo che potrebbe seriamente correre il Napoli in quest'estate che si preannuncia rovente: qualora Victor Osimhen continuasse a puntare i piedi nei confronti delle avances dell'Al-Hilal o di altre destinazioni più o meno esotiche, nel ritiro di Dimaro potrebbe esserci la folla delle grandi occasioni. Con tutte le incognite del caso.
Il no all'Al-Hilal e le cifre dietro Osimhen
La prima, la più grande: il nigeriano, per usare un eufemismo, non si è lasciato bene né con la società né con la piazza, e una sua presenza in Val di Sole non porterebbe esattamente energie positive, non proprio l'inizio migliore di una stagione che, dopo gli onori, recherà con sé molti oneri. Il tempo per risolvere la situazione prima della partenza degli azzurri per Dimaro in teoria c'è, perché da qui al 15 luglio nel calciomercato può succedere tutto e il suo contrario. Allo stesso tempo, per il medesimo motivo, vale anche la tesi opposta: qualora Osimhen continuasse a mettersi di traverso, sarebbe difficile auspicare un lieto fine per tutti in poco più di un mese. Nel mezzo di queste due ipotesi, c'è una certezza inconfutabile: da ex idolo della piazza ed eroe del terzo scudetto, Osimhen è oggi diventato un problema bello grosso per il Napoli, ma di certo non soltanto per colpa sua. Le grane affondano le radici proprio nel primo post tricolore, quello di un'estate rovente e ricca di grattacapi che avrebbe fatto da preludio a una stagione, quella successiva, a dir poco disastrosa in campo per gli azzurri. Tra le maggiori beghe che assillavano Aurelio De Laurentiis c'era la questione rinnovo del bomber di uno scudetto atteso 33 anni e, per questo motivo, dall'impatto emotivo forse ancora più forte di quello appena conquistato. In quell'occasione, nonostante il caldo rovente del periodo, tra il Napoli e Osimhen cominciò a calare il gelo prima del rinnovo sugellato a dicembre: il contratto fu prolungato fino al 30 giugno 2026, con opzione appannaggio del club di un'ulteriore stagione, dietro pagamento di uno stipendio di 11 milioni lordi, pronti a diventare 15 proprio qualora la postilla ulteriore fosse esercitata. Tra ingaggio e ammortamenti, Osimhen costerebbe 15,4 milioni, a meno che la exit strategy per eccellenza della gestione De Laurentiis chiamata clausola rescissoria (e valida solo per l'estero) non venga esercitata. Il valore iniziale si aggirava tra i 120 e i 130 milioni, scesi poi a quei 75 milioni odierni che sembravano un ostacolo non insormontabile, specialmente per certe leghe. Le cose, in effetti, stavano andando proprio secondo i piani del patron. Venuta meno l'ipotesi di incassare una cifra monstre e senza eguali, anche il valore della seconda clausola rescissoria farebbe felice De Laurentiis, che si ritroverebbe liquidità extra da spendere quest'estate. Curiosamente, si tratterebbe tra l'altro più o meno della stessa cifra messa a referto in inverno per vendere Khvicha Kvaratskhelia, l'altro beniamino dello scudetto di Luciano Spalletti: mai come nel caso di Osimhen, però, il condizionale è d'obbligo.
La posizione di Conte su Osimhen
Il destino del nigeriano e di Kvara si intreccia quando torna alla memoria quella maxi offerta che nell'estate post tricolore il Paris Saint-Germain presentò per accaparrarsi il doppio pacchetto completo: ben 200 milioni per la premiata ditta che fece le fortune di Spalletti. Ironia del destino, a distanza di un anno e mezzo il georgiano sarebbe davvero approdato al club francese, ma per 'soli' 75 milioni: la stessa cifra che oggi potrebbe garantire Osimhen, le cui ambizioni sembrano andare oltre i soldi. Il classe '98 ha detto di no al triennale da 35 milioni messo sul piatto dall'Al-Hilal e aspetta o la Premier League (con Chelsea, Arsenal e Manchester United in cima alla lista delle pretendenti) o, corsi e ricorsi storici, proprio il Paris Saint-Germain, che quando si tratta di pescare dal Napoli storicamente non bada a spese né si fa problemi. Osimhen è in attesa, ma lo è anche De Laurentiis, che per una volta è decisamente poco padrone di una situazione chiave del suo club. Se il nigeriano continuasse a impuntarsi, resterebbe insieme al suo stipendio monstre alla corte di Antonio Conte, che un'estate fa lo aveva valutato prima di emettere la sua sentenza inoppugnabile: il giocatore non si sposa con le sue idee tattiche che, per l'attacco, vedono in Romelu Lukaku il prototipo perfetto. Già all'epoca, il neo arrivato allenatore salentino faceva il bello e il cattivo tempo: figurarsi oggi, dopo aver vinto uno scudetto ben più combattuto e sudato del precedente dell'era De Laurentiis. Tra le vittime più illustri del 'ius vitae ac necis' di cui dispone Conte c'è proprio Osimhen, per qualità tecniche e forse pure morali molto lontano dal Napoli di oggi. Lo stesso Conte però, qualora da qui al 15 luglio non cambiasse nulla, sarebbe costretto a prendere atto della situazione e a convocare Osimhen per il ritiro di Dimaro (a meno di qualche deroga o di certificati medici). A quel punto, per il nigeriano, nonostante 76 gol e 18 assist in 133 presenze in azzurro, l'accoglienza non sarebbe delle migliori, per usare un eufemismo. Come cambiano le cose in poco tempo: in Val di Sole spesso i fischi e le contestazioni erano toccate a De Laurentiis, visto come la causa di molti mali, come le partenze dei big della rosa o il mancato arrivo dal mercato di giocatori dello stesso range, mentre oggi l'accoglianza peggiore spetterebbe a Osimhen, l'ex beniamino che rischia di guastare i piani della società e dello stesso Conte, il fautore del gruppo che viene prima dei singoli.
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