Dieci gare per rimediare. Spal, serve un’identità e una tenuta difensiva per prepararsi ai playout
Ultimamente ai problemi si è aggiunto anche il gol: solo Antenucci vede la porta .

Ultimamente ai problemi si è aggiunto anche il gol: solo Antenucci vede la porta .
E adesso, povera Spal? Che fare, dove sbattere la testa? A guardare in alto ci si avvilisce. A guardare in basso ci si impaurisce. E’ più vicina la concorrenza in lotta per evitare l’ultimo posto della coda del gruppo che si batte per scansare i playout, anche grazie al ben noto –3. Non resta che navigare a vista nelle ultime dieci ponendosi un doppio obiettivo in vista di ormai probabilissimi spareggi-salvezza: non subire ulteriori sorpassi, e cercare al contempo una identità e una tenuta che diano minime garanzie a maggio. Tenuta, si badi bene, non più soltanto difensiva: perché se è chiaro che il problema numero uno sta nell’assenza di ogni cognizione in non possesso (tre clean sheets in ventotto giornate sono più che eloquenti), ora è subentrato anche il numero due, ossia un difficile rapporto con la rete avversaria.
Se si esclude Antenucci che ha infilato 11 reti – senza rigori sarebbe al secondo posto nella classifica del girone –, la Spal adesso va in bianco. Nelle tre partite di Baldini la squadra ha incassato 7 gol segnandone 2, entrambi al 90’ a babbo morto con Parigini e Antenucci. Ma anche nelle ultime due di Dossena era giunta una sola rete del capitano, sicché nelle cinque sconfitte di fila si contano solo tre gol, tutti inutili. Beffardamente, contro il Campobasso la Spal ha pressoché salutato le ultime speranze disputando la migliore delle cinque, soprattutto nel primo tempo. Ma si è fatta perforare in maniera infantile sprecando poi malamente le non poche occasioni create. Ora si tratta di capire se i progressi, registrati soltanto a livello di intensità e costruzione della manovra, siano una casualità frutto dei limiti del Campobasso e della bella giornata di Parigini, o vadano ascritti al lavoro del nuovo allenatore.
Le prossime prove a Pescara e in casa con l’Arezzo saranno rivelatrici. La consolazione non sarebbe enorme, perché i playout si decidono più per cinismo negli episodi che non col gioco. Ma almeno una crescita consentirebbe di arrivare con un filo di sfiducia in meno agli appuntamenti della paura. Col Campobasso Baldini è parso cercare un compromesso tra la necessità di coprire meglio la difesa e il desiderio di non sguarnire l’offensiva. Col 3-4-3 ha inserito un difensore centrale in più senza rimetterci per numero di attaccanti. Se a contare non è il modulo ma i tanto evocati approccio e atteggiamento, il problema è enorme, perché anche sabato fino al primo gol ha tenuto palla solo il Campobasso. Se il guaio è la modestia dei calciatori e il pessimo assortimento dei medesimi, peggio ancora, non ci sarebbe rimedio.
Compito di Baldini è mostrare sul campo e in classifica che così non è. Di certo, dei rinforzi di gennaio solo il Paghera infortunato in via di rientro e ora Parigini hanno detto di poter aggiungere qualcosina. Colpevolmente non si è rinforzata la difesa, e si continua nell’equivoco di Antenucci centravanti anche a Karlsson recuperato, forse perché quando entra l’islandese non lancia segnali positivi palla a terra. Ma se si vuol mettere il bomber maximus in condizione di sparare al meglio le sue cartucce, lo si deve affiancare a una torre. Colma e stracolma di esterni com’è, la Spal invece continua con quel tridente che non ha gol nei piedi da quando si è spenta la luce di Rao. E’ tutta una contraddizione, semplicemente perché la società se le porta dietro dal principio e non ha poi visto giusto sul come risolverle. Far peggio dell’anno scorso sembrava impossibile, invece ci si è riusciti in pieno.
Mauro Malaguti
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