Le stelle del Giro spente tradiscono il Gran Sasso Davide, favola sulla neve

Prima vittoria tra i pro per il trentino, terzo Petilli. Leknessund resta in rosa

di ANGELO COSTA -
13 maggio 2023

di Angelo Costa

E’ il Gran Sasso, ma sul primo vero arrivo in salita del Giro il macigno sembrano averlo in tasca i big: salgono a passo da parata, senza mai dare un cenno di sfida, neanche fosse una pedalata aziendale. Non bastano a stuzzicarli lunghezza e pendenza dell’arrampicata, la neve ai bordi della strada e una temperatura invernale: calma piatta, a tratti grottesca. Diventa perfino ridicolo lo sprint per il quarto posto di Evenepoel, marcato stretto dal rivale Roglic: è l’immagine di quel che avrebbe potuto essere e non è stato il tanto sbandierato esamone in quota. Eppure era l’occasione per mettere in difficoltà l’iridato belga, che domani giocherà il jolly della crono: consentirgli di non spremersi troppo è il clamoroso autogol di chi vuol arrivargli davanti. Contenti loro…

"Non so, forse i team di chi vuol vincere il Giro sono in controllo", prova a spiegare Damiano Caruso, uno di quelli con più chances di tenere in alto l’Italia, al termine di una giornata in cui la nobiltà spreme soltanto miseria. Sarà anche come dice il siculo, ma un conto è non riuscire a cambiare la classifica dopo essersi pesi a schiaffi in una tappa di 218 chilometri col montagnone in fondo, oltre tutto dedicata a Pantani, un altro è non provarci nemmeno, quasi scadendo nella presa in Giro. Vale per tutti, più o meno favoriti che siano.

Nel Giro che dopo sette giorni ha già il braccino, in assenza dei primattori prendono meritatamente la ribalta i comprimari. Più di tutti Davide Bais, 25 anni, trentino di Rovereto, al primo successo da professionista: strameritato per lui e per la Eolo, dove corre col fratello Mattia, di due anni più anziano. Grazie a lui, il team di Basso e Contador conferma la tendenza a vincere i tapponi, dopo quello dello Zoncolan due anni fa con Fortunato: un segnale di luce per un ciclismo italiano che ai team di seconda fascia affida al momento il compito di tener alto l’onore, almeno come squadre. E’ anche la conferma della bontà di un vivaio, il Team Friuli, qui rappresentato da più talenti, per primo Jonathan Milan.

A una giornata indimenticabile, Bais inizia a lavorare fin da subito, partendo all’attacco dopo sette chilometri, subito dopo un tentativo a vuoto del fratello: con lui ci sono Petilli, a lungo virtuale maglia rosa, il ceco Vacek e l’eritreo Mulubrhan, con tutte le squadre invitate rappresentate, tanto per ribadire a cosa servano. Dei quattro si perderà per strada solo l’africano, gli altri tirano dritto fino a Campo Imperatore, dove si giocano un successo che, per impegno, andrebbe diviso in tre.

"Al via non mi davo chance, sono andato in fuga per prender punti per le varie classifiche (ora è leader degli scalatori, ndr), e per esser da supporto a Fortunato, il nostro uomo di classifica. Poi col vantaggio che resisteva (oltre 10’ la punta massima, ndr) e il passare dei chilometri ci ho creduto e ho dato tutto", la gioia del Bais giovane, che pur con età diversa si definisce identico al fratello. Inevitabile il capitolo ringraziamenti: "Volevo e cercavo da tempo la vittoria, la dedico al mio compagno Arturo Gravalos che vive un momento difficile, a fidanzata, famiglia e squadra". E, magari, anche alla giornata non lavorativa dell’aristocrazia del Giro.

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