Antonelli ha stregato la Mercedes: "E con Resta mi sento a casa"
Il pilota bolognese e l’ingegnere di Imola nel box delle frecce d’argento: "Portiamo la nostra terra"

Andrea Kimi Antonelli, a destra, con Lewis Hamilton. In primo piano Max Verstappen
Mentre la Ferrari riflette sulle indicazioni (non entusiasmanti, ehm ehm) dei test precampionato in Bahrain, in casa Mercedes imparano…l’italiano! È un effetto vagamente paradossale: a Maranello sempre più spesso Lewis Hamilton si esprime nella lingua di Dante, lo stesso idioma che sta conquistando spazio nei garage che il sette volte campione del mondo ha abbandonato. Tutto merito di Kimi Antonelli. E di Simone Resta. Segue spiegazione.
La storia. Andiamo con ordine, rispettando la gerarchia di popolarità. Kimi Antonelli è il ragazzo italiano, appena diciottenne, che Toto Wolff ha scelto per l’eredità più pesante che si possa immaginare. In breve: si prende un neo maggiorenne bolognese e gli si affida, sic et simpliciter, la monoposto del Campionissimo. Già questo sarebbe sufficiente per un romanzo, in stile Enzo Ferrari, che sostituì il mitico Lauda con lo sconosciuto Gilles Villeneuve. È un altro tempo, un altro mondo, ok: ma come suggestione, siamo lì.
Bene. L’imberbe Antonelli si cala nell’abitacolo della Freccia d’Argento, va subito forte, in Bahrain non c’era poi troppa differenza tra le prestazioni sue e quelle di George Russell, che di Hamilton è stato compagno per più di una stagione. E come commenta il nostro Kimi bolognese? "Sono contento del debutto e mi piace molto parlare in italiano con Simone Resta, stiamo portando nel box Mercedes un po’ della nostra cultura della terra dei motori…"
Il tecnico. E qui arriviamo al secondo protagonista della svolta…tricolore di Toto Wolff. Cioè a Simone Resta, ingegnere di scuola Minardi. Nato a Imola nel 1970, altro figlio, di distinta e distante generazione, della Terra dei Motori, esattamente come Kimi Antonelli. Cursus honorum, tratto da Wikipedia: conseguita nel 1995 la laurea in ingegneria meccanica presso l’Università di Bologna, dal 1998 ha lavorato in Minardi, nel 2001 inizia la collaborazione con la Ferrari come Senior Designer Engineer, dal 2006 responsabile del dipartimento di ricerca e sviluppo, e dal 2012 Deputy Chief Designer. Nel 2014 viene nominato dal presidente del Cavallino, Sergio Marchionne, capo progettista. Nel maggio 2018 passa alla scuderia satellite Alfa Romeo. Nell’estate 2019 è richiamato in Ferrari, per poi lasciarla nuovamente dall’inverno 2021 per la Haas dove rimane fino all’inverno 2024, quando rassegna l’incarico per divergenze tecniche col proprietario Gene Haas. Dopo poche settimane viene reso noto il suo passaggio in Mercedes dalla stagione 2025, nel ruolo di strategic development director della scuderia anglo-tedesca.
Bene. Anzi, male. Quello che Wikipedia non può spiegare è quello che non si è mai capito. Perché Mattia Binotto, all’epoca grande capo del reparto corse Ferrari, fece di tutto per non avere Resta tra i piedi? Così siamo arrivati al 2025 e in Mercedes si parla l’italiano. Come Hamilton a Maranello. In tutta questa storia, qualcuno ha torto e qualcuno ha ragione. Chi?
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