Forlì, addio al più grande flop americano. Via Dawson, infortunato nel 77% delle partite

Presentato come "spettacolare", nonostante le sue fragilità fossero note. La società l’ha aspettato invano per mesi, fino all’annuncio di ieri

di MARCO BILANCIONI
14 febbraio 2025
Shawn Dawson con il general manager Renato Pasquali, colui che lo ha voluto

Shawn Dawson con il general manager Renato Pasquali, colui che lo ha voluto

Con l’annuncio ufficiale arrivato ieri (poche righe, inversamente proporzionali all’importanza della notizia) è terminata l’infausta era di Shawn Dawson, che tra gli americani potrebbe essere ricordato un giorno come il più grande flop della storia del basket forlivese. A certificarlo non sono le statistiche classiche (11,5 punti col 42% da 2 e il 35% da 3, 7,2 rimbalzi, 3 assist, ma anche 2,3 palle perse), che non sarebbero drammatiche. Di sicuro, però, non all’altezza di un giocatore presentato come "spettacolare", che avrebbe dato "imprevedibilità", "creatività", uno che avrebbe "fatto divertire i tifosi" (tutte citazioni dal comunicato con cui la società lo ufficializzava in agosto).

Il vero dato decisivo sulle sorti dell’ala è quello delle partite giocate: 6 su 26, il 23% (77% di assenze). Le vittorie sono 2 su 6, il 33%, altro che play-in con numeri così. Aveva saltato un torneo perfino in estate. Impossibile, ora, conoscere quanto la società riesca a risparmiare con la transazione. Se dovessimo parametrare gli oltre 100mila euro pattuiti per l’intera stagione, ogni vittoria ottenuta con Dawson in campo ‘costerebbe’ 50mila euro e ogni partita disputata 16.500.

Non è la prima volta che a Forlì arriva un giocatore non troppo dotato di talento: certamente c’è stato anche di peggio (qualcuno ricorda, nel decennio scorso, Ryan Wittman o Bo Spencer? Costavano però molto meno...). Non è nemmeno la prima volta che uno straniero si infortuna. È stata però la prima volta che è stato preso un giocatore già mezzo rotto e lo si è aspettato per quattro mesi senza tentare un radicale cambio di rotta che lo escludesse definitivamente dal campo. "Recuperare Dawson? Sarebbe un altro errore": così il Carlino analizzava la situazione domenica 22 dicembre 2024. Era del resto evidente. Renato Pasquali, il general manager che lo aveva voluto in estate, lo ha però confermato anche in inverno.

A descrivere la situazione sono ancora una volta i numeri: tre mesi e mezzo di stop (17 partite) per un edema al ginocchio. Significa un versamento di sangue che, per quanto fastidioso, è fisiologicamente destinato a riassorbirsi. Poi un’infiammazione a un tendine, senza lesioni (3 partite, praticamente un altro mese, e chissà in realtà quando sarebbe tornato). Tecnicamente, in questa lunga via crucis fino a ieri Dawson non aveva mai perso il posto: non sostituito per 6 partite (3 perse); poi è stato preso Perkovic, ma a gettone; e se il croato non avesse giocato meglio del previsto contro Rieti il 5 gennaio, sarebbe stato salutato la mattina dopo (era opinione comune fino alla vigilia), per far posto proprio a Dawson; infatti dalla partita successiva l’israeliano è tornato a prescindere, lasciando fuori Harper (certo, a sua volta deludente). E quando Demonte è tornato non è stato per scelta tecnica ma per l’ennesimo infortunio del compagno.

Sfiga? Solo in parte. Il ginocchio era il punto debole ed era stato segnalato da diversi addetti ai lavori in estate, a causa di un precedente grave infortunio. Criticità rilevata anche dai sanitari forlivesi al suo arrivo. Nei report da Israele veniva sottolineato anche un carattere non proprio da combattente. Del resto era arrivato a Forlì a fine estate in ritardo di condizione.

Tornando al suo rendimento in campo, Forlì paga con lui le sconfitte negli scontri diretti contro Cividale (2 volte) e Verona, ma anche contro una candidata alla retrocessione come Livorno, riuscendo a battere (a parte Rimini) solo una squadra che lotta per salvarsi come Cento. Senza contare che era evidente che non era Shawn l’attaccante ‘naturale’, da uno contro uno, capace di creare in palleggio o in situazione di pick and roll, che serviva alla squadra e che la società aveva promesso presentandolo.

In tutto questo, il general manager Renato Pasquali ha responsabilità gravissime. Adesso toccherà a coach Antimo Martino e ai giocatori – ai quali non si può imputare la mancanza di orgoglio – tentare di risollevare una stagione per mesi tenuta in ostaggio da una sola, assurda, scelta. E da un colpevole immobilismo, durato troppo a lungo e costato fin troppi punti in classifica.

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