Il Ferguson della Giana. Albè, 75 anni di passione: "E sempre più nel pallone»

Il vicepresidente del club di Gorgonzola festeggia e continua a sognare "Non sono io che ho dato al calcio, è il calcio che mi ha insegnato tantissimo".

di LUCA MIGNANI
20 febbraio 2025
Il vicepresidente del club di Gorgonzola festeggia e continua a sognare "Non sono io che ho dato al calcio, è il calcio che mi ha insegnato tantissimo".

Il vicepresidente del club di Gorgonzola festeggia e continua a sognare "Non sono io che ho dato al calcio, è il calcio che mi ha insegnato tantissimo".

Ci sono i match analysts, i cleen sheets, lo step on foot. C’è uno sbarbato in braghette che “taca la bala”. Il pallone, gira e rigira, è sempre lo stesso: nuove diavolerie e vecchie innovazioni a braccetto, ma in fondo sempre (meravigliosamente) lo stesso. Cambia tutto il resto. Però se sei ancora lì con ‘sta palla, che giochi e ti diverti, vai sul sicuro: sei uomo, ma anche bambino. Sei in campo, non importa su quale. C’è il pallone. E tanto basta: ne respiri e ne tiri fuori una certa magia. Scanzonata. Magari dalla polvere, ma di stelle.

Allora, ora ancora di più: 75 candeline, oggi. Tre quarti di secolo, non uno scherzo. Cesare Albè, da buon bastian contrario, ci scherza su: "Le candeline non le voglio vedere, già l’Angela (sua moglie, raramente nome e coppia furono più azzeccati) quando torna da Messa me le porta a casa: quelle di Santa Rita, della Candelora, un tempo si davano alle partorienti su...". Ordinarietà straordinaria, la sua. Dalla panchina ha portato la Pierino Ghezzi, squadra dell’oratorio del suo paese, Cassano d’Adda, dalla Terza alla Prima categoria. Il Cassano, dalla Prima alla D. La Giana, dalla Promozione alla C. Mai un esonero. Men che meno a Gorgonzola: dove la presidenza di Oreste Bamonte sta per compiere 40 anni, dove Albè ha allenato dal 1995 al 2021, dove tutt’ora è un “dirigentissimo” poca scrivania e tanto campo.

La squadra è in alta classifica. E in finale di Coppa Italia, "ma che non sia finita lì. Il gruppo è buono, compatto, ben guidato, in condizione, cresciuto. Abbiamo sistemato il centrocampo con Nichetti. C’è la duttilità di Lamesta, Marotta fondamentale in tutto. E Pinto, grande ancora adesso a 38 anni". Anche l’attacco: "Tirelli e Capelli li seguivamo da anni. Stuckler? Con la Cremonese ci ha fatto due gol: li ho pregati di darcelo. Signor centravanti, 2004, può ancora migliorare". Magari sulle orme di chi, passato di qui, è volato in A. Come Paleari (Torino), Iovine (Como). E Augello (Cagliari): "Ha detto che Ranieri, suo ex allenatore, è l’Albè dei campioni? Grazie, ragazzo d’oro in tutto, ma deve tagliarsi i capelli".

In panchina, adesso, c’è Andrea Chiappella, capitano della scalata Promozione-C: "Gestore eccezionale, farà strada. Se avessi un figlio con la passione per il calcio lo porterei da lui. Preparatissimo con il suo staff: sono lì in sette coi video e tutto quanto, un orgoglio. Noi eravamo là in qualche modo... Ma i giocatori vado sempre a vederli: soprattutto nei campionati minori, col freddo, con la febbre. Bisogna essere lì, anche solo per carpire i commenti di chi li vede tutte le domeniche". Un po’ Perpetua, un po’ sarto: legge il ragazzo che c’è dentro al giocatore, per far uscire l’uomo e il calciatore. In un contesto alla Don Camillo e Peppone: "Quante battaglie con Bamonte. Testa dura, vecchio stampo. Ma a Gorgonzola dovrebbero fargli un monumento per quanto ha dato, al calcio e non solo". Pasta d’una volta: "Ogni tanto bisogna mettersi lì a “piluccare” l’osso. Come quando all’oratorio non c’erano i soldi per giocare a biliardino: dicevo che non avevo voglia".

Altri tempi, stessa storia: "Andavo alle elementari e non sapevo neanche cosa volesse dire giocare in casa. Tv, radio, giornali: non c’era niente, vivevo in una cascina, un milanista in mezzo agli interisti. Ma mi sono sempre piaciuti più gli indiani dei cowboys. E anche da grande, quando passavo da mia mamma col borsone, lei scuoteva la testa: ma ancora, a 50 anni, vai dietro al pallone?" Sì: "Andavamo a vedere il Milan da Cassano, sul tram giallo. Preparavamo i biglietti giorni prima e risparmiavamo sulle mance. Una festa, la sera prima non si riusciva a dormire. Poi si partiva, con i panini, si scherzava: era come ne Il sabato del villaggio di Leopardi". Allora. Ma ora? "Quando in casa giochiamo alle 17.30, prima vado a vedere qualche partita di Serie D nella bergamasca e torno a Gorgonzola a una mezz’oretta dall’inizio. Lì vedo i pullman di squadroni come Padova o Vicenza, la gente che parcheggia alla svelta e si affretta verso lo stadio con i nostri cuscinetti sotto braccio: mi sembra vadano a San Siro e mi emoziono. Penso: “Dai, Cesare, hai quasi cent’anni”. Però è così, non c’è niente da fare, mi prende sempre quella roba lì". E per fortuna, dice. Sì, ma di chi gli sta accanto.

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