La tragedia di 50 anni fa a Monza. Pasolini e Saarinen, coraggiosi e ribelli: vinti dal destino

Il riminese era rude ma aveva un cuore enorme e l’Italia proletaria si specchiava in lui. Il finlandese cambiò il modo di guidare la moto, piegandosi tutto sull’asfalto

di LEO TURRINI -
20 maggio 2023
Renzo Pasolini (a sinistra) aveva 35 anni: qui è con Giacomo Agostini

Renzo Pasolini (a sinistra) aveva 35 anni: qui è con Giacomo Agostini

"Il loro ricordo non è mai uscito dal mio cuore. Li porterò sempre con me" (Giacomo Agostini).

Esattamente cinquanta anni fa, il 20 maggio del 1973, un doppio lutto tolse per sempre l’innocenza al motociclismo. Sulla pista di Monza, in una gara valida per il Mondiale della classe 250, persero la vita il riminese Renzo Pasolini e il finlandese Jarno Saarinen. Erano, insieme, gli avversari più tosti del mitico Ago. Che li aspettava ai box, quella domenica in Brianza. E non li vide mai tornare.

Gli eroi

Renzo Pasolini e Jarno Saarinen incarnavano, su due ruote, lo spirito del Sessantotto. Ribelli coraggiosi, questo erano, l’uno e l’altro, nell’immaginario collettivo. Il Paso, nella memoria di chi lo conobbe, era un tipo ruvido, tosto. Non era un predestinato, non aveva il sole in tasca. Ma possedeva un cuore enorme e l’Italia proletaria dell’epoca si specchiava nel suo ardimento che ne fece l’antitesi perfetta di Agostini (che, pur essendo molto diverso, lo stimava tantissimo).

Saarinen, beh, Saarinen era il vento del Nord. Era il futuro che diventava presente in anticipo, senza preavviso. Cambiò il modo di guidare una motocicletta, sfidando le legge di gravità. Si piegava sull’asfalto oltre ogni limite ragionevole, lo guardavi ed eri certo che sarebbe caduto. Invece lui si raddrizzava ed era già oltre la curva. Una leggenda in carne e ossa.

La tragedia

Non esistono filmati della spaventosa carambola che innescò il dramma alla Curva Grande. Chi c’era ricorda all’improvviso un silenzio atroce. Poi i sopravvissuti cominciarono ad arrivare a piedi. Sconvolti, quasi incapaci di rendere testimonianza di un incubo. Successivamente fu appurato che un grippaggio sulla moto del Paso aveva innescato l’inferno.

Il superstite

In un primo momento la radio annunciò che i morti erano tre: per fortuna il modenese Walter Villa, rimasto esanime sull’asfalto, fu rianimato dall’intervento del dottor Claudio Costa, il papà della Clinica Mobile. Di Villa sarei poi diventato amico. Mi disse: "Non ho memoria dell’incidente, buio totale. In compenso so che dopo conquistai quattro titoli mondiali portando avanti il lavoro e le intuizioni del Paso". È passato mezzo secolo. Eppure sembra ieri, per chi smise di respirare sentendo che i due Eroi erano andati in fuga per sempre.

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