"Fede come Deborah, due ragazze d’oro"
Lo skiman Sbardelotto: "La Brignone è molto simile alla Compagnoni, anche attorno a leì abbiamo costruito un team piccolo e affiatato"

Da sinistra: Mauro Sbardelotto, Federica e Davide Brignone. Sotto: la festa per l’oro mondiale
"Alla Fede l’ho confessato l’altra sera". Cosa? "Che quando si è messa al collo la medaglia d’oro qualche lacrima sulla neve ci è caduta. Dal trionfo di Deborah sono passati praticamente trent’anni, starò invecchiando….".
Correre sul filo dei centesimi, il filo delle lamine degli sci, ma soprattutto un lungo filo rosso che lega assieme due atlete favolose che condividono la gioia iridata: Mauro Sbardelotto. E’ lui, 57 anni, di cui oltre 35 nel circo bianco, lo skiman dietro le quinte degli ori mondiali di Compagnoni (l’ultimo a Sestriere 1997) e di Brignone, che solo un paio di giorni fa ha realizzato il suo sogno, con l’oro nel gigante di Saalbach.
Dice di essere invecchiato, ma dietro i successi c’è sempre lei. Sente anche un po’ sue quelle medaglie? "Ho soprattutto avuto la fortuna di seguire due atlete molto forti".
Cos’hanno in comune Fede e Deborah? "Professionalmente sono davvero molto simili. Lavorano con attenzione e dedizione per cercare ogni dettaglio possibile, migliorando i materiali grazie a tanti test sugli sci. Entrambe sono due ragazze che grazie ai loro ‘piedi’ così sensibili capiscono veramente tanto dalla neve e da cosa vogliono".
E come persone? "Anche in questo caso sono molti i punti in comune. Sono umili, lavoratrici e riservate. Ragazze che non hanno mai voglia di apparire a tutti i costi".
Sbardelotto, qual è in breve il compito dello skiman? "Gli atleti più forti, proprio come Federica, hanno un loro ‘uomo’ dedicato, che solitamente lavora per l’azienda che produce gli sci, nel mio caso Rossignol. Il nostro compito è quello di affiancare l’atleta e, insieme, preparare i materiali, migliorandoli sempre nel corso della stagione".
È un po’ come la monoposto dei piloti di F1? "Ci va vicino. Il lavoro inizia già in estate con la trasferta di preparazione in Sudamerica. Lì si fanno moltissimi test per i materiali che si utilizzeranno durante la stagione".
Che ovviamente cambieranno più volte nel corso dell’anno… "Diciamo che in inverno un paio di sci può subire un’evoluzione più o meno ogni dieci giorni, a seconda delle necessità. Ovviamente stando a tutti i paletti delle regole federali".
E qual è il rapporto fra Brignone e il suo skiman? "Lavoriamo assieme da 13 anni, tra noi c’è grandissima fiducia. Poi negli ultimi anni, con il fratello Davide che è diventato allenatore di Federica si è creata una squadra piccola e affiatata, c’è sempre spazio per qualche chiacchiera e una risata. Secondo me è così che abbiamo fatto la differenza".
E con Compagnoni? "Sostanzialmente era tutto molto simile: un team di poche persone".
Avete rituali prima della gara? "Lo avrete visto spesso: 30-40 secondi prima della discesa metto della neve sul collo di Federica per darle ‘una svegliata’. Ma in generale nell’attesa si parla del più e del meno, per stemperare la tensione. Poi io sono l’ultima persona che vede al cancelletto".
E che cosa vi dite? "L’altro giorno le ho detto: ‘Scia come sai fare tu’. Lei ha veramente un talento naturale, e alla fine la medaglia è arrivata".
È più importante oggi la figura dello skiman? "Credo di sì, perché i materiali hanno raggiunto un livello altissimo. Si può lavorare tanto bene non dico da far vincere, ma quasi. Se invece il lavoro non è svolto alla perfezione basta veramente pochissimo per far perdere uno sportivo".
Che differenza c’è fra gli sci di Deborah e quelli di Federica? "Tantissima. Sono cambiate sciancrature e raggi di curva. Prima erano attrezzi molto più lunghi, adesso sono più corti. Hanno inoltre durezze differenti da utilizzare a seconda della neve: ogni volta che ci spostiamo viaggiamo con una quarantina di paia. Ventotto anni fa c’erano meno sci ma anche meno gare, era tutto un po’ diverso, ma ho comunque avuto due atlete straordinarie".
Con Compagnoni vi siete sentiti? "Sì, mi ha scritto ‘ci sei sempre tu di mezzo’. Confesso che questa volta una lacrima ci è scappata, ma Brignone ha fatto veramente una cosa incredibile".
Cosa l’ha portata a fare questo lavoro? "Ho fatto un po’ di gare, fino a 19 anni quando mi sono rotto il ginocchio. Poi vicino al mio paese abitava lo skiman di Alberto Tomba che cercava un ‘bocia’ per dare una mano. E così è dall’88 che ci do dentro".
Cosa le piace di più di tutto questo? "La passione. Stai sempre a contatto con gente giovane, vedi posti nuovi e stai all’aria aperta. Certo, le trasferte cominciano un po’ a pesare. Ma ogni volta trovo qualcosa di nuovo da imparare".
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