Il mondo d’oro di Myriam: "Parigi è stata il massimo. I social? Basta spegnerli"

Sylla dopo il successo alle Olimpiadi: "Merito di tutti, è riuscito il puzzle perfetto. Noi simbolo di integrazione? Io sono nata qui, la fatica è toccata ai miei genitori".

di DORIANO RABOTTI
6 febbraio 2025
Myriam Sylla è nata a Palermo da genitori ivoriani, poi è cresciuta in Lombardia (foto Francesca Di Fazio)

Myriam Sylla è nata a Palermo da genitori ivoriani, poi è cresciuta in Lombardia (foto Francesca Di Fazio)

Myriam Sylla è uno dei simboli dell’Italia che ha vinto l’oro alle Olimpiadi di Parigi. 30 anni, nata a Palermo da genitori ivoriani, cresciuta pallavolisticamente in Lombardia, sabato con il Numia Vero Volley Milano chiederà il pass per la finale di Coppa Italia a Scandicci, nella bolgia dell’Unipol Arena di Casalecchio.

Myriam, come è cambiata la vita dopo l’oro olimpico, in campo e fuori?

"Ovviamente l’oro ha avuto una risonanza importante, fuori dal campo. Non posso nascondere che la vita di tutti i giorni sia cambiata, veniamo riconosciute con più facilità. Sul campo non è cambiato tantissimo, faccio sempre lo stesso lavoro, continuo a giocare a pallavolo, forse io magari non me ne accorgo, ma la cosa strana è stata quando siamo rientrati nei palazzetti. L’accoglienza, l’orgoglio, i ringraziamenti, quello è diverso".

L’Olimpiade è una cosa grossa, totale: come si ritrovano gli stimoli dopo averla vinta?

"Io ho raggiunto il sogno della mia vita, magari a livello personale ci può essere la stanchezza, ma il mio lavoro mi piace, ho passione per quello che faccio. Quindi è facile per me trovare la voglia di rientrare in palestra, il sorriso. Mi diverto, è una parte fondamentale. E quando hai vinto poi ti viene voglia di ricercare la stessa sensazione, quindi sei disposto a ricominciare per poi risentire le stesse emozioni".

A Parigi si è vista la migliore Sylla di sempre.

"Mi auguro che possa ricapitare anche in futuro".

Anche noi. Ma il merito di chi è? Della sua crescita, di Velasco, dell’atmosfera?

"Forse l’età era quella giusta, perché in passato non sono veramente riuscita ad esprimere neanche la metà della metà di quello che ho reso a Parigi. Bisogna dare merito a Julio, alle compagne, anche a me stessa perché l’ho fatto io. Forse è arrivato tutto nel momento giusto, è stato anche un incastro di tantissime cose. Un puzzle che è venuto alla perfezione".

Qual è la cosa più bella che le hanno detto? E la più brutta?

"Le cose belle sono state veramente tante, al punto che non saprei neanche dire quale possa essere una cosa brutta. Se c’è stata non me ne sono neanche accorta. La più bella in assoluto è l’orgoglio che mi hanno espresso mio padre, i miei fratelli e le compagne, queste sono le cose che porto nel cuore".

La vostra semifinale di Coppa Italia è come un derby tra tante azzurre. Vi messaggiate, prendete in giro?

"No, non facciamo queste cose, può capitare che parli con qualcuno prima, ma non abbiamo cose particolari, fino a che non si entra in campo è tutto normale. Ovviamente tutti vogliono vincere, ma siamo molto tranquilli e anche molto rispettosi ognuno del lavoro degli altri. Credo anche che prima del fischio dell’arbitro se c’è un sorriso da fare, un cinque alle avversarie-compagne si dà tranquillissimamente. Poi quando inizia la partita ognuno tira acqua al proprio mulino".

Conegliano è davvero imbattibile?

"Fino a quando qualcuno non la batte sì, non posso dire altro".

Lei è uno degli esempi anche di integrazione, nella sua nazionale. È una responsabilità, un piacere, un peso?

"Un piacere assolutamente, essere un esempio per i più giovani lo è sicuramente. In realtà io non sono un esempio di integrazione, perché sono nata qua e non dovevo integrarmi in nulla. Si sono dovuti integrare i miei genitori, io no. Magari io posso essere uno spunto per i giovani, visto che su questo tema a volte c’è un po’ di confusione. Ma lo vivo molto serenamente, non è mai un peso. Più che altro...."

Che cosa?

"Le domande di questo tipo le fanno solo e esclusivamente a me, mi piacerebbe un giorno sentirle fare anche a qualche altra compagna magari, per sentire un attimo qual è il loro punto di vista. Ma non è un peso perché oltre che atleta sono un essere umano, ho una testa pensante, ho una vita mia, un passato, quindi posso esprimere pensieri che vanno oltre lo sport. Mi innervosisco solo quando le domande su questo tema sono un po’...tontolone".

I social quanto contano per lei? In passato come squadra avete avuto qualche problema e vi siete anche dovute isolare.

"Io la vivo in modo molto tranquillo, ho avuto dei periodi in cui credevo che i social potessero distrarmi e molto semplicemente li ho accantonati, non perché mi sia successo qualcosa, ma per scelta personale. Ognuno di noi fa le scelte in base a quello che crede sia giusto in quel momento. Devo dire che forse sarà anche l’età, devi imparare a gestirle le cose. Adesso mi sento in un periodo della vita in cui riesco a controllare ed essere equilibrata un po’ in tutto, bisogna saper comunicare agli altri e anche cercare di capire cosa raccogliere e cosa lasciare andare, da questo mondo".

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