Un Fenomeno ai raggi X. "Schiacciavo per Velasco. Ora controllo ponti e navi»

Roberto Masciarelli, ex centrale azzurro nel volley, ha un’azienda specializzata "Usiamo le radiazioni per verificare la tenuta delle giunture di grandi opere".

di DORIANO RABOTTI
13 gennaio 2025
Roberto Masciarelli, ex centrale azzurro nel volley, ha un’azienda specializzata "Usiamo le radiazioni per verificare la tenuta delle giunture di grandi opere".

Roberto Masciarelli, ex centrale azzurro nel volley, ha un’azienda specializzata "Usiamo le radiazioni per verificare la tenuta delle giunture di grandi opere".

Roberto Masciarelli, lei è uno di quegli sportivi che una volta conclusa l’attività riescono a cambiare vita.

"In realtà subito dopo essermi ritirato ho fatto l’allenatore per un po’, togliendomi anche qualche soddisfazione, a partire dalla Champions League vinta con la Lube".

Poi però ha smesso.

"Perché quando sono arrivato sulla panchina del Taviano in A2 ho avuto un gran colpo di fortuna scoprendo i trulli. Adesso ho amicizie radicate e anche un’altra attività, ho comprato e messo a posto qualche edificio ed è una delle cose che mi piace di più, uno sfogo. Al momento ho realizzato un bed and breakfast, ma è proprio il lavoro di ristrutturazione di queste strutture antiche che mi piace, l’ho scoperto sistemando la casa dove vivo nella campagna di Ancona".

In realtà lei ha un altro lavoro.

"Sì, ho un’azienda, la MaxControl, con la quale mi occupo di controlli non distruttivi, prima era di mio padre che lavorava con Fincantieri. Prima che il volley diventasse una fonte di reddito, avevo frequentato corsi per fare questo lavoro, un giorno. A me il lavoro manuale è sempre piaciuto, credo anche di saperlo fare. Spesso per pensare meglio quando allenavo andavo a tagliare l’erba del prato".

Che cosa sono i controlli non distruttivi?

"Il nostro obiettivo, anche se non sempre ci riusciamo, è quello di controllare teoricamente qualsiasi materiale. Ci sono i controlli distruttivi, quelli in cui si prende un pezzo di un ponte, per fare un esempio, e lo si sollecita fino al punto di rottura per trovare quale sia questo punto, ma quei pezzi poi vengono buttati via. Quando si vuole controllare qualcosa senza doverlo rompere entriamo in gioco noi".

In che modo?

"Abbiamo diverse tecnologie, usiamo gli ultrasuoni, ma nell’80 per cento dei casi utilizziamo i raggi X, quindi c’è anche un discorso di sicurezza da valutare attentamente con il medico del lavoro, abbiamo apparecchiature che emettono radiazioni più potenti di quelle che vengono usate in ospedale".

Che cosa controllate, ponti e viadotti?

"Per ora sui ponti non abbiamo ancora avuto un grande successo, perché riusciamo a valutare le parti in ferro ma sul cemento armato ci sono problemi, servono potenze enormi. Il nostro core business è il ferro, quindi lavoriamo principalmente sulle saldature degli scafi delle navi, controlliamo quelle degli yacht di tutto l’Adriatico. Ma anche le tubature e le condotte del gas, anche in mare. Tutto quello che è saldato".

È vero che avete un bunker?

"Non possiamo portare dentro una nave, ma le tubazioni sì, anche pezzi non piccoli. Il bunker è un container isolato. Quando lavoriamo cerchiamo di non diffondere radiazioni ed essere protetti. Quando andiamo nei cantieri navali, per esempio, siamo soli e lavoriamo con comandi remoti, a distanza. Abbiamo contatori Geiger come quelli dei vecchi film di fantascienza che segnalano il livello di radiazioni, e piastrine come quelle che usano i dottori sui camici, che alla fine del mese ci dicono quante radiazioni abbiamo assorbito, se puoi continuare a lavorare o se devi stare fermo un po’".

In passato aveva aperto anche un ristorante.

"Nel 2004 ho avuto anche una struttura in uno stabilimento balneare che contava su ristorante, pizzeria, piscina. Sono uscito in tempo quando gli affari stavano per andare male".

Il suo futuro è questo?

"Sì, per qualche anno almeno, con lo ’sfogo’ dei trulli, perché ristrutturarli mi piace proprio".

Da pallavolista lei diventò grande con Velasco in nazionale.

"Perché lui aveva un debito, eravamo stati insieme nella sua prima squadra italiana, la Tre Valli Jesi in serie A2. In quella squadra c’erano anche Kantor, Wagempfeil, Petrelli. Ero giovane, mi avevano cercato Bologna e Falconara. Ricordo che eravamo sull’Audi a metano che gli aveva dato la società, andavamo a vedere le partite dei playoff con una cartina. Gli chiesi che cosa dovevo fare, quale club scegliere. Lui mi rispose che i due allenatori, sia Nerio Zanetti che Marco Paolini, lavoravano benissimo con i giovani, ma mi disse che per me era ora di pensare alla nazionale. Io pensavo fosse matto, ero in A2. Però quando arrivò in azzurro fu obbligato a chiamarmi per far avverare la sua profezia".

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