Fontana "Stavolta sono stato proprio bravo"

Il campione del cross country in bicicletta ha concluso la sua prima Africa Eco Race al sesto posto in sella alla Honda 450

di GIANLUCA SEPE -
27 gennaio 2024
Fontana "Stavolta sono stato proprio bravo"

Fontana "Stavolta sono stato proprio bravo"

Una corsa selvaggia, tra le dune del deserto e i pericoli di un terreno inospitale. L’emozione di correre, di rischiare, di affrontare l’ignoto. Il racconto dell’Africa Eco Race dell’ex olimpico Marco Aurelio Fontana, 39 anni da Giussano, è fatto di immagini, di un’esperienza che ha sognato a lungo e che porterà dentro di sé per sempre. Un’esperienza iniziata per fare il meglio possibile e conclusasi a Dakar come sesto assoluto, terzo nella classe 450 in sella alla sua Honda CFR450 Rally del team RS Moto Factory. Alla prima esperienza in un rally raid, lui che in sella ha sempre pedalato (Bronzo a Londra 2012 nel Cross Country e Oro Mondiale nel 2013 tra i titoli nel suo palmares), ma che con i motori ha sempre avuto un rapporto d’amore, consacratosi sulla rotta originale della Parigi-Dakar dopo oltre 6.000 km in 12 tra Marocco, Mauritania e Senegal.

Fontana, com’è l’Africa Eco Race?

"È una corsa selvaggia, più difficile del previsto. Mi aspettavo alcune criticità, ma qui non c’è solo la gara. Lo stress è giornaliero, si attraversa una territorio inospitale, dai percorsi di pietra del Marocco alle dune della Mauritania."

Eppure lei l’ha sempre sognata.

"Sono sempre stato appassionato di Formula 1, Superbike, mi piacevano le moto. Correre però costava tanto e quando ero piccolo ero piccolino e magrino, così ho iniziato con la in bici. Ho sognato a lungo la Dakar, ma nei sogni non c’erano prove speciali da 400 km, non c’erano le notti al freddo in tenda, con il ronzio del generatore nelle orecchie perché c’è chi deve riparare il proprio mezzo. Non c’era nemmeno un virus che ti stende dopo due giorni di raid."

Però non ha mai mollato, cosa l’ha spinta ad andare avanti?

"Quando mi iscrivo ad una competizione non è mai soltanto per partecipare o per arrivare in fondo. L’ho fatto per ottenere un risultato, che potesse essere buono o meno buono. L’obiettivo era prendere meno di un’ora al giorno dal primo, mi sono trovato nelle speciali con 10-15 minuti di distacco e ho capito che andavo forte. Essere tra i primi dieci ha significato cambiare paradigma, salire in sella al mattino con in mente la classifica oltre che affrontare le prove. Mi sono preparato tanto, dai test alla scelta dell’abbigliamento. Arrivare sesto assoluto e terzo di classe è andato oltre le mie aspettative (la gara è stata vinta da Jacopo Cerutti con Aprilia, ndr)."

Quindi il bilancio è positivo?

"Sono sempre molto severo con me stesso, ma stavolta sono contento. Ammetto di aver fatto qualcosa di molto bello, solitamente sono abituato a correre e a poter controllare tutto, ma alla Eco Race ci sono una marea di incognite. Puoi essere bravissimo, avere la moto migliore, ma non arrivare in fondo per un problema, un imprevisto, una duna tagliata che ti fa volare per metri rompendo il tuo mezzo. Ci sono tantissimi punti interrogativi e questo mi faceva impazzire."

Chiudere la gara così che significato ha avuto?

"Il riconoscimento dei veterani e degli altri team. Un risultato così significa essere considerato un loro pari."

Come l’ha aiutata la sua esperienza in bici?

"Nella tecnica, ho avuto facilità nell’affrontare alcune situazioni specialmente sulla sabbia."

Il ricordo più bello?

"Piangere nel casco rendendosi conto di ciò che si sta facendo. Dei rischi, della tua famiglia a casa. E’ una corsa incredibile, chiunque arrivi in fondo e partecipi merita un applauso. Se la finisci sei un motociclista vero."

E le difficoltà maggiori?

"La quotidianità, il territorio ostile che si attraversa, le attese in dogana, il pericolo mine. Le dune alte come palazzi, attraversare il Merzuga (Marocco), abbandonare la strada trovandosi sulla parallela senza l’indicazione degli ostacoli. Può significare perdere tutto in pochi secondi."

Ora è pronto per la Dakar?

"Prima c’è la stagione della bici, ci sono gli internazionali d’Italia, tanti eventi Gravel. Non smetterò per dedicarmi a queste competizioni, ma è inutile negarlo, ci penso. Ora so anche cosa aspettarmi, come vorrei affrontarla, quale paletti mettere e come preparare una gara del genere."

Sempre in moto oppure c’è altro che l’affascina?

"Sì, vorrei prima affrontarla in sella. Poi ho grande ammirazione per le Classic, quando vedi un Pajero, un Patrol affrontare le dune fa un certo effetto".

Quindi Marco Aurelio Fontana è un pilota o un ciclista?

"Da 20 anni dico che sono un pilota di bici, non sono un ciclista. Mi autoriconosco come pilota da tanto tempo. Ho sempre sentito di avere delle capacità in moto, mi piace ma ho anche tanta voglia di pedalare. Dico sempre che più vado in moto e più mi piace la bici, più vado in bici e più mi piace la moto."

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