Le pantere delle nevi. Africani e arabi sugli sci. Tutta ’colpa’ del bob

Ai Giochi giovanili invernali di Gangwon anche nigeriani, algerini e tunisini. Dal kenyano Boit al messicano Madrazo, eroi improbabili tra fondo e slalom.

di DORIANO RABOTTI -
3 febbraio 2024
Africani e arabi sugli sci. Tutta ’colpa’ del bob

Africani e arabi sugli sci. Tutta ’colpa’ del bob

In principio era la squadra di bob della Giamaica, ma in realtà non sono stati loro i primi. Sono i più famosi, questo sì, tra gli sportivi della neve e del ghiaccio che arrivano da paesi improbabili. Un album di figurine rarissime e una playlist di video da Gialappa’s (nel vero senso della parola) che viene voglia di riaprire in questi giorni, perché i Giochi Olimpici invernali giovanili a Gangwon – dominati da un’Italia in cima al medagliere – hanno proposto nomi e bandiere che difficilmente metteresti nella stessa frase con ’pista da sci’ o ’neve’.

In Cina si sono sfidati ragazzi di tutto il mondo, e anche se ormai il potere dei soldi permette di realizzare impianti innevati a qualsiasi latitudine (in Egitto ce ne sono due indoor, per capirci), qualche abbinamento suscita come minimo curiosità, strappa un sorriso incredulo anche in tempi in cui ormai crediamo a quasi tutto.

A Gangwon ci sono stati cinque paesi debuttanti: prima volta per la Nigeria, che ha schierato una squadra femminile nel curling (specialità in cui c’è anche il Qatar); per l’Algeria che ha portato lo sciatore Abderrahmane Bouderbala; per Portorico, Tunisia e infine per gli Emirati Arabi, con lo sciatore Alexandre Astridge, non esattamente un cognome del deserto, e la snowboarder Amenah Almuhari.

Ora, è vero che in Africa ci sono almeno 26 impianti sciistici, anche se a volte pure i paesi con rilievi importanti non hanno mai visto la neve. In Marocco e Sudafrica si scia regolarmente da anni, per dire. E proprio dal Marocco viene uno dei protagonisti leggendari della rivoluzione nordafricana sulle nevi: nel 1992 Brahim Izdag divenne famoso in Italia perché la sua partecipazione ai Giochi di Albertville fu ripresa da ’Mai Dire Gol’, tra cadute e risalite a scaletta fino al triplo capitombolo che lo fermò a un metro dal traguardo. Quattro anni più tardi un altro personaggio della trasmissione della Gialappa’s, Alfio Muschio alias Bebo Storti, accompagnò tra mille polemiche nella cerimonia inaugurale il senegalese Lamine Gueye, che a Sarajevo nel 1984 aveva stabilito un record: primo atleta olimpico dell’Africa sub-sahariana ai Giochi invernali (preceduto da uno sciatore ugandese non vedente nel 1976 alle Paralimpiadi).

Nel terzo millennio è ormai chiaro che in alcuni casi il colore della pelle abbinato al passaporto è un effetto ottico, perché ormai molti atleti di vertice crescono in paesi diversi da quelli in cui sono nati. E comunque noi siamo gli ultimi a potersi stupire: lo sciatore italiano più grande di sempre è Alberto Tomba, che proprio montanaro non è...

Però non passò inosservata, e il motivo non erano certo i risultati, la presenza ai mondiali di Cortina 2021 del ghanese Carlos Maeder, in realtà trapiantato a Lucerna, ma ufficialmente della stessa nazionalità del suo predecessore, il ’leopardo delle nevi’ Kwame Nkrumah-Acheampong, cresciuto ad Accra, ma diventato sciatore nel Regno Unito. A Cortina c’erano anche i marocchini Yassine Aouich e Idhya Mahdi. E c’era Sabrina Simander, nata in Kenya a 1.800 metri (ma senza la neve), trapiantata in Austria dove ha imparato a sfrecciare tra le porte lunghe.

Da Haiti viene Richardson Viano detto Richi, adottato da una coppia piemontese in un orfanotrofio di Port Au Prince: è stato il primo sciatore caraibico ai Giochi, Pechino 2022. In Cina c’era anche Benjamin Alexander, gigantista della Giamaica, laureato in ingegneria e famoso come dj: ha scoperto lo sci dopo i 30, ha partecipato solo per invitare le famiglie a far praticare sport invernali ai bambini. Giamaicani sono anche i ragazzi del bob che hanno dato la spinta a tutti, in fondo, quando sono diventati protagonisti del film della Disney Quattro sottozero: a Calgary nel 1988 gli eredi di Bob Marley misero su un missile del ghiaccio Mike White, Devon Harris, Dudley Stokes e Sam Clayton jr, quest’ultimo poi scomparso per il Covid. Due di loro erano ex velocisti nell’atletica, furono reclutati per la pazza idea di un funzionario dell’ambasciata che si chiamava George Fitch: da allora solo una volta la Giamaica non ha avuto un bob ai Giochi.

Mitica fu anche l’avventura di German Madrazo e Pita Taufatofua: il primo è un messicano che a 43 anni, un anno dopo aver iniziato con lo sci di fondo, ha gareggiato all’Olimpiade di PyeongChang, il secondo è un tongano che a Rio si era esibito nel taekwondo e in Corea ha pure gareggiato nel fondo, preparandosi con Madrazo e con il cileno Yonathan Fernandez. Dal Kenya arrivava Philip Boit, primo africano nello sci di fondo a Nagano nel 1998. E per le Bermuda gareggiava Tucker Murphy, altro sciatore di fondo: ma almeno lui era nato e cresciuto in Inghilterra...

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