Margherita Zalaffi e i cinque cerchi in pedana

La “Regina della scherma“ ha partecipato per 5 volte alle Olimpiadi gareggiando in due differenti specialità: fioretto e spada

26 luglio 2024
Margherita Zalaffi e i cinque cerchi in pedana

Margherita Zalaffi, originaria di Siena , è viareggina d’adozione. Nella sua carriera in pedana ha partecipato a cinque Olimpiadi

VIAREGGIO

Un viaggio lungo ben 5 Olimpiadi. Los Angeles 1984, Seul 1988, Barcellona 1992, Atlanta 1996 e Sidney 2000. Come lei pochissimi per esperienza e medagliere. Una bacheca di allori preziosi: 1 oro (fioretto a squadre a Barcellona) e 2 argenti (fioretto a squadre Seul e spada a squadre Atlanta). Lei è Margherita Zalaffi senese di nascita, ma viareggina d’adozione. Una straordinaria carriera, impreziosita anche da medaglie conquistate a Mondiali, Europei, Mondiali Universitari e Militari, oltre che agli Italiani. "Dicono che sono la regina della scherma – dice divertita –. Forse perché sono l’unica medaglia olimpica in due armi diverse".

Margherita a lei è persino dedicata una domanda di Trivial Pursuit...

"Lo so ed è molto divertente". Cinque Olimpiadi, ma come si fa a restare così competitivi per tanto tempo?

"La scherma non richiede particolari doti fisiche. Ti abitua ad avere una visuale periferica e a tenere alto il livello di concentrazione. Di mio ci ho messo il senso della disciplina. Sono stata sempre un modello di responsabilità per le mie compagne di squadra".

Cosa sono state le Olimpiadi per lei?

"L’apice di una carriera".

Ed il suo ricordo più bello?

"La prima Olimpiade a Los Angeles. Avevo 18 anni ed ero elettrizzata al pensiero di poter vedere Pietro Mennea e Sara Simeoni. Finito tutto girai la California in camper con i miei".

Spada e fioretto. Cosa le diversificano?

"Nella spada il bersaglio è rappresentato dal corpo intero, mentre nel fioretto vale solo il busto. Lo studio della tattica, in ambo le specialità, è fondamentale".

Ci spiega perché la scuola di scherma italiana è così vincente?

"Perché noi, oltre alla tattica, curiamo molto anche la tecnica. Ci sono scuole che mettono in pedana atleti che tatticamente sono quasi scontati. Questo non significa avere già la vittoria in pugno, ma noi destabiliziamo certi schemi".

Torniamo alle sue esperienze. 1984.

"La definirei una esperienza decubertiana. Mi sentivo nel paese dei balocchi. Finimmo al quarto posto nel fioretto".

1988...

"Seul una città grigia e a render il tutto ancora più cupo ci fu la sconfitta in finale contro la Germania Ovest. Di emozionante ricordo che assistetti sugli spalti dello stadio ai 100 metri maschili, quelli in cui Ben Johnson scese sotto i 10 secondi".

1992....

"Barcellona fu un’esperienza straordinaria, conclusa con l’oro nella rivincita contro le tedesche. Sul podio ballammo e poi feci la foto con il Dream Team Usa di basket".

Nel 96 il passaggio alla spada, perché?

"Perché nella spada il giudizio arbitrale è più chiaro anche a noi atleti. Nel fioretto, con la convenzione, ci sono ancora troppi errori".

Comunque fu subito un argento.

"Una piacevole sorpresa. Solo la Francia fece meglio di noi".

E poi la passerella finale a Sidney.

"La vissi con assoluta tranquillità. Era arrivato il momento di fermarsi, comunque fiera del percorso fatto".

La fine di un percorso iniziato quando?

"Nel 1975, seguendo mia mamma in palestra".

Adesso però lei è una insegnante.

"Sono la titolare del Club Scherma Viareggio dal 1998. Alleno i giovani e qualcuno ha già molta stoffa. La scherma ti aiuta a scaricare l’energia e ti stimola a sviluppare arguzia e concentrazione".

Torniamo alle Olimpiadi. La nutrita squadra italiana può farsi valere?

"Tutti possono puntare alla medaglia. Punto sul fioretto femminile e sulla spada maschile".

Sergio Iacopetti

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