Rugby, dopo il poker mondiale del Sudafrica si pensa già al 2027

La prossima edizione sarà in Australia, allargata a 24 squadre: a Parigi la finale è stata un successo di pubblico con 80mila persone sugli spalti

di DIEGO FORTI
29 ottobre 2023
La festa del Sudafrica

La festa del Sudafrica

Parigi, 29 ottobre 2023 – Finito il Mondiale si corre già verso il prossimo: Australia 2027. La finalissima della RWC si è appena conclusa con un trionfo del Sudafrica 12 a 11 sui rivali di sempre, ovvero gli All Blacks, ma World Rugby, la Federazione organizzatrice di tutto, è già oltre. Premiazioni, riconoscimenti, award in una notte e poi via pronti al prossimo succulento business a 24 squadre e manifestazioni collaterali. Su quel che è stato nelle 7 settimane del RWC e nelle sue 48 partite meglio non perdere troppo tempo. Giusto quello necessario per dire che c’è stato il record degli spettatori (l’ultima notte alla Stade de France più di 80.000 spettatori e senza che in campo ci fosse un francese, nemmeno l’arbitro) e che il target degli affari ha raggiunto gli obbiettivi, ovvero 2 miliardi e mezzo di giro, metà del quale destinato al rugby. Non si sa bene come, ma state sicuri che i soldi verranno spesi. Eppure sotto la pioggia battente di Parigi sabato 29 ottobre di possibili riflessioni e spunti tecnici ce ne sono stati davvero tanti.

Primo: al massimo dei livelli il gioco assume un rigore tattico che difficilmente consente partite a altamente spettacolari. O meglio. Il controllo del gioco, la gestione della tenuta fisica, l’analisi del metro di valutazione della macchina arbitrale (ormai manca poco che siano siano impegnate più persone tra fischietto, guardialinee, Tmo, tecnici e operatori video per non dire di dei cameraman) è talmente sofisticato che le squadre in campo sanno cosa fare minuto per minuto. Diciamo che si tende alla partita perfetta senza alcun errore, quindi senza gol, per riprendere un concetto calcistico. Il top dell’assoluto tecnico-tattico-agonistico è dunque lo 0 a 0, anche se nessuno, escluso gli allenatori, ama le partite che finiscono senza marcature.

Secondo: difendere risulta più importante che attaccare. Ovvero: Il prevenire domina sul sorprendere. Il Sudafrica nel suo percorso verso il record di Coppe del Mondo, ora in bacheca ne vanta 4, si è imposto per un solo punto in ben tre match, per altro tutti decisivi: con la Francia, Quarti di finale 29 a 28; con l’Inghilterra, Semifinale 16-15; e infine con la Nuova Zelanda 12 a 11.

La finale è stata una intensissima, ma non bella partita, rimasta comunque in bilico sino all’ultimo secondo. A fare la differenza? La precisione al piede. Pollard ha infilato tra i pali quattro punizioni, mentre Mo’unga ha sbagliato la trasformazione dell’unica meta dell’incontro, emulato poi da Jordie Barrett che, al 74’, non ha messo dentro tre punti che avrebbero assicurato il sorpasso. Terzo: le qualità tecniche e atletiche sono importanti e nella finalissima abbiamo visto giocatori straordinari sotto questo aspetto. Tuttavia queste abilità non bastano per vincere, occorre anche la determinazione a farlo e, in questo, gli Springboks si sono confermati insuperabili. Il concetto di leadership possiamo riassumerlo nello specifico: gli All Blacks hanno giocato senza il loro capitano, Cane, 51 minuti (per un fallo punito con un giallo diventato rosso), i sudafricani, invece, hanno dovuto fare a meno del loro, Kolisi, solo per 10 minuti (fallo con cartellino giallo non convertito in rosso). E, checché se ne dica, il capitano nel rugby ha un peso specifico notevole e può incidere anche più dell’inferiorità numerica. Ultima cosa da sottolineare: l’esperienza conta. Infatti la finale ha visto in campo due squadre decisamente mature (età media sopra i 30 anni) con solo qualche piccola, seppur significativa, novità.

Nel prossimo futuro tanto Nuova Zelanda che Sud Africa, dovranno lavorare a un sostanziale rinnovamento. Anche all’Inghilterra, terza classificata e salvatrice dell’onore dell’Emisfero Nord servirà una profonda rinfrescata dei ranghi per rimanere competitiva. Le formazioni che hanno provveduto già in questa RWC a immettere “sangue nuovo” in squadra, vedi Australia e Francia, alla fine hanno fallito. Attenzione però, nel 2027 potrebbero risultare avvantaggiate. In un rugby ad alta per non dire esasperata sofisticazione come quello attuale, il cominciare per tempo a preparasi non è cosa di poca importanza.

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