Van Breda Kolff La Virtus ritrova una stella

Jan, classe 1951, sbarca a Bologna nel 1983: è un ex giocatore dei Nets e nella Nba spesso si è trovato a marcare Erving e Bird

di ALESSANDRO GALLO -
22 luglio 2024
Van Breda Kolff La Virtus ritrova una stella

Van Breda Kolff La Virtus ritrova una stella

Anno di grazia 1981: la Virtus dell’Avvocato Porelli conquista la prima finale di Coppa dei Campioni. Ma a Strasburgo, non senza polemiche (lo sfondamento sanzionato a Bonamico dal famigerato arbitro Van der Willige, il trattamento riservato ai tifosi bianconeri, sfrattati dal muro giallo del Maccabi) si chiude un ciclo bianconero. Così, per ripartire, dopo la dolorosa rinuncia a Charlie Caglieris, passato a Torino, la Virtus riparte da una coppia di stranieri di belle speranze, Elvis Rolle e Zambalist Frederick, detto ‘Zam Zam Superstar’.

In panchina c’è Aza Nikolic, la Virtus, dopo cinque finali scudetto consecutive, abdica. L’anno dopo arrivano come coach George Bisacca (un fallimento) e come play Roberto Brunamonti, ma nemmeno la sostituzione di Bisacca con Mauro Di Vincenzo produce i frutti sperati.

L’Avvocato così nel 1983 torna all’antico: via il giovane Zam Zam Superstar – segna valanghe di punti, ma gioca da solo – e porte aperte a un ex asso Nba. Si chiama Jan Van Breda Kolff, è nato a Palos Verdes, il 16 dicembre 1951. E’ un’ala di 202 centimetri che può essere utilizzata come guardia

E’ un figlio d’arte, perché papà Butch è un leggendario allenatore. A Princeton, papà Butch, ha allenato Bill Bradley (poi senatore democratico) che ha vinto una Coppa dei Campioni a Bologna, con la maglia del Simmenthal Milano. In realtà, l’incrocio con le scarpette rosse è doppio, perché VBK, che nei Nets ha sempre meno spazio, nel 1982 viene proposto a Peterson e all’Olimpia, per sostituire l’infortunato John Gianelli.

Per fortuna Milano non l’ingaggia. E il nuovo staff tecnico bianconero non impiega molto a convincere l’Avvocato Porelli. Così, grazie al nuovo allenatore Alberto Bucci – che sceglie come vice Ettore Messina e affida la preparazione atletica al leggendario professor Grandi, già visto all’opera con Bologna e Milan – VBK sbarca a Bologna. Due stagioni con 71 presenze e 1019 punti. Due stagioni e altrettanti trofei: lo scudetto della stella e la Coppa Italia, sempre nel 1984.

Jan ha due punti deboli: la schiena malandata, e in questo ricorda un po’ Terry Driscoll, e il cappuccino. Proprio così: gli inizi di Jan sono pallidi, così come il suo colorito perché il suo fisico (meglio, l’intestino) reagisce nel peggiore dei modi alla pratica del cappuccino. Così diffusa nel nostro paese, a colazione, quanto sconosciuta, o comunque edulcorata, negli States.

Così, l’uomo che nella Nba senza segnare valanghe di punti si è costruito una solida fama di stopper, mettendo la museruola a califfi del calibro di Julius Erving e Larry Bird, in Italia fatica, stenta. Pochi canestri, tanti palloni persi. Vaga per il campo senza una meta precisa. Perché il cappuccino lo debilita e VBK ne soffre.

La Virtus però non lo taglia, Jan capisce qual è la sua kriptonite e opta per l’espresso ristretto. L’effetto è devastante (per gli avversari): VBK si applica in difesa, conquista rimbalzi, fa canestro quando deve e, soprattutto, in attacco, è un play aggiunto per la pulizia di gioco e per la capacità di leggere le difese avversarie.

A Milano spopolano Peterson, D’Antoni, Meneghin e la terribile difesa 1-3-1. E’ la zona che manda in tilt qualsiasi squadra. Tutte, tranne la Virtus, perché Jan si sistema al fianco di Roby Brunamonti e Mike D’Antoni, anziché recuperare palloni, rimane stordito tra i due bianconeri.

Letale, Jan, perché quella Virtus arriva fino in fondo. E conquista lo scudetto. Perché Van Breda sa sempre cosa fare.

E’ biondo, è alto, è bello: Jan diventa uno dei preferiti delle prime fila del parterre bianconero in Piazza Azzarita. Piace da morire alle donne, anche se ha una vita riservata. Vive con la moglie Betty e i figli, Jan Michael ed Erlic. Nel giorno libero si dedica al turismo: sale sulla Citroen Visa che gli hanno dato in società (l’ingresso per un lungagnone come lui non è semplice) e raggiunge Firenze, Venezia, Roma. Per capire meglio il nostro paese. A Bologna adora imboccare il portico che, dal Meloncello, conduce alla Basilica di San Luca.

Altro segno particolare? Veste sempre in modo sportivo: ai piedi – chi ha vissuto quegli anni può capire il richiamo e il fascino – ha rigorosamente le Top Ten alte prodotte dall’Adidas.

Gli incroci curiosi di VBK lo legano in qualche modo al Gira che, nel frattempo, in quegli anni, è ripartito dalla base. Negli States, quando passa dai Virginia Squires ai Kentucky Colonels (nella Aba, la lega rivale della Nba), lo fa in cambio di Marvin Roberts, che avrebbe giocato poi nel Fernet Tonic. E in maglia New Jersey Nets è compagno di squadra del bizzoso e talentuoso Bob Elliott, che magari gli sconsiglia il viaggio transoceanico verso il Bel Paese.

La stella e la Coppa Italia al primo colpo, una stagione più modesta – causa i problemi alla schiena : quella successiva. Jan capisce che è ora di fare le valigie e tornare a casa. Essendo una sorta di allenatore in campo, diventa proprio un coach prima Princeton Tigers, poi Cornell Big Red, Vanderbilt Commodores, Pepperdine Waves, Saint Bonaventure Bonnies e New Orleans Hornets. La sua strada, anche se da queste parti non si è più visto, si incrocerà ancora con la Città dei Canestri. Anche perché, tra i giocatori allenati, c’è un certo Patricio Prato.

(49. continua)

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