Velasco, ultimo scatto da maestro. Il ct ha rimesso in riga le azzurre. E ora può andare a caccia dell’oro

Alle 13 finale storica contro le americane campionesse in carica: tante di loro giocano nel nostro campionato. Cavalcata iniziata col recupero di Egonu alla causa della Nazionale. Bravo a scacciare i carichi di responsabilità.

di DORIANO RABOTTI -
11 agosto 2024
Il ct ha rimesso in riga le azzurre. E ora può andare a caccia dell’oro

Alle 13 finale storica contro le americane campionesse in carica: tante di loro giocano nel nostro campionato. Cavalcata iniziata col recupero di Egonu alla causa della Nazionale. Bravo a scacciare i carichi di responsabilità.

dall’inviato

In palio c’è molto di più di una partita di volley. E no, non stiamo parlando della rincorsa all’oro olimpico, della quale Julio Velasco non vuole più sentire parlare come ossessione.

E lo capiamo: ha messo tutto se stesso per non ripetere gli stessi passi che l’avevano portato fino all’argento di Atlanta ’96, in questa seconda occasione. Fin dal primo momento in cui ha ricevuto l’incarico per guidare la nazionale femminile a Parigi, Julio si è impegnato a sminare il terreno dell’ansia. Sapeva benissimo che questo gruppo, questa squadra, aveva bisogno di un lavoro psicologico più che tecnico, e comunque si è fatto uno staff super (Barbolini e Bernardi) anche per lavorare su quello.

Ai cervelli delle atlete ha pensato lui. Portando un’esperienza diretta: lui nel tornado della popolarità che rischiava di portarsi via la Egonu c’è già passato, anche se lo affrontò quando era già uomo fatto e non una ragazza giovanissima. Che fosse la persona giusta per maneggiare il recupero di Paola alla causa azzurra, lo avevamo scritto fin da subito, quindi non siamo stupiti. Ma lo staff di Velasco è andato oltre la rigenerazione di un singolo: ha richiamato due colonne tecniche e morali del gruppo come Caterina Bosetti e Monica De Gennaro, ha inserito la Antropova che comunque è una risorsa (nessuno ha due opposti così), ha lavorato con grande precisione anche sulla comunicazione esterna, allontanando sempre il sovraccarico di responsabilità.

Ha fatto il Velasco, insomma.

Dopo di che, oggi alle 13 nella ghiacciaia del palazzetto ricavato dentro la Fiera di Parigi, in campo contro gli Usa non ci potrà andare lui. E le avversarie sono fortissime: campionesse in carica come la Francia di Giani che ieri ha fatto il bis, hanno cambiato poco rispetto a Tokyo (le bande), comunque vada oggi saliranno sul podio dei Giochi per la quinta volta consecutiva e hanno un’altra caratteristica sinistra, che in passato ci ha sempre fatto male: 12 giocatrici su 13, tranne il libero Wong-Orantes, hanno giocato o giocano nel nostro campionato.

Infine, hanno un allenatore che conosce meglio di chiunque altro il sentiero della vittoria, essendo l’unico al mondo ad aver vinto da giocatore nell’indoor (due volte), nel beach e poi da allenatore.

Karch Kiraly è una macchina da vittorie. Ma anche lui mica può andare in campo.

E comunque, dicevamo all’inizio, non è solo una partita di volley. Perché la nazionale di Velasco porta in campo, anche senza volerlo (e non dovrebbe aver bisogno di volerlo) un bellissimo messaggio che esce dai campi dello sport ed entra nelle famiglie: solo la squadra dell’atletica ha una presenza maggiore di azzurri che portano nel sangue etnie o nazioni diverse, dall’Africa che scorre nelle vene di Egonu, Sylla e Omoruyi alla Germania dove è nata Sarah Fahr alla Russia e all’Islanda della Antropova.

Guidate da uno che ha vinto in tre continenti diversi...

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