Yamal, la fortuna dei fenomeni: In Italia non avrebbe giocato

Se Lamine, idolo minorenne del calcio spagnolo, fosse stato lanciato in serie A a sedici anni, alla prima partita sbagliata, l’allenatore reo di averlo fatto debuttare si sarebbe meritato del bischero

di LEO TURRINI -
11 luglio 2024
Lamine Yamal

Lamine Yamal

Roma, 11 luglio 2024 – Figuriamoci se non siamo tutti d’accordo: uno come Lamine Yamal, idolo minorenne del calcio spagnolo, in Italia non esiste. Cioè proprio non è nato. Però non deve essere colpa delle nostre mamme, se come fuoriclasse prodigiosi già in tenera età siamo fermi a Roberto Baggio e al Pupone Totti. Roba da Jurassic Park della pedata.

Dove siamo in disaccordo, temo e presumo, è sull’accoglienza che uno come Yamal avrebbe trovato se fosse stato lanciato in serie A a sedici anni. Alla prima partita sbagliata, l’allenatore reo di averlo fatto debuttare si sarebbe meritato del bischero. Altrettanto immediatamente tra talk show e social si sarebbe scatenato il coro sulla gioventù bruciata, sull’esperienza che è un valore da tutelare, sulla necessità di procedere per gradi. Non solo: con efferata rapidità ci sarebbe stato spiegato che il ragazzino non rispetta gli schemi, l’organizzazione in campo è tutto, il collettivo viene prima del singolo e poi cos’è questa mania del dribbling, ma siamo impazziti?

Trent’anni e passa di una narrazione farlocca ci hanno fatto precipitare in un presente che è lo specchio di una frustrazione collettiva. Non insegniamo più ai nostri bambini a scartare l’avversario o a tirare in porta, bensì a coprire gli spazi e a tenere alta la linea del fuorigioco.

Come tutti i Fenomeni, anche Yamal ha avuto la fortuna dalla sua: non l’ha imparata in Italia, l’arte del pallone. Beato lui.

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